“Entrare nel
mondo dell’FBI
è molto istruttivo.
Prima bisogna fare
un addestramento basilare
e poi si viene affidati
a ufficiali superiori
e si inizia la specializzazione.
Molti agenti, soprattutto
quelli con un più
alto grado di istruzione
e quelli più
percettivi tra di
loro, vorrebbero entrare
nell’unità
‘profilo criminale’.
Il loro lavoro è
tracciare il profilo
di un killer senza
sapere nulla di lui,
usando solo le tracce
che si trovano sulla
scena di un crimine,
e sono in grado di
individuare con precisione
quali sono le abitudini
e le caratteristiche
di tali killer, per
queste loro capacità
sono comunemente chiamati
‘Cacciatori
di menti’”.
Con queste parole
Renny Harlin, regista,
tra l’altro,
di violente pellicole
d’azione come
'Cliffhanger-La sfida
finale' (1993) e 'Blu
profondo' (1999),
parla del lavoro degli
agenti dell’FBI,
al centro della sua
ultima
fatica,
'Mindhunters',
rititolato
per
la distribuzione
italiana
'Nella
mente
del
serial
killer',
interpretato
da Christian
Slater
(Nome
in codice:
Broken
Arrow),
Val
Kilmer
(Wonderland),
Kathryn
Morris
(Minority
report)
e James
Todd
Smith,
meglio
conosciuto
come
L.L.
Cool
J (Halloween-20
anni
dopo).
Protagonisti
della
vicenda
sono
sette
promettenti
agenti
dell’FBI
che,
in lizza
per
le ambite
posizioni
di tracciatori
di profili
psicologici,
vengono trasportati
su un’isola
disabitata
al largo delle
coste della
Carolina,
dove dovranno
superare un
test finale
che gli consentirà
di essere
scelti per
diventare
“cacciatori
di menti”.
Test che consiste
in un allenamento
in cui il
team dovrà
tirare fuori
il proprio
acume intellettivo
contro un
serial killer
ossessionato
dal tempo,
chiamato “Il
Burattinaio”.
Ma tra i componenti
della squadra
si nasconde
un vero assassino,
il quale,
senza perdere
tempo, comincia
ad eliminarli
uno alla volta.
La presenza
del regista
di 'Die hard
2-58 minuti
per morire'
(1989) dietro
la macchina
da presa è
subito intuibile,
in quanto
il lungometraggio,
che inevitabilmente
richiama alla
memoria il
classico topos
che è
alla base
di 'Dieci
piccoli indiani',
apre all’insegna
della coinvolgente
azione, con
una sequenza
innevata che,
come nel film
interpretato
da Bruce Willis,
sfrutta i
toni freddi
della fotografia.
Con la struttura
ed il look
di un vero
e proprio
b-movie, altamente
godibile,
ritroviamo
l’Harlin
che da sempre
conosciamo,
quello che
è stato
capace di
regalarci,
tra l’altro,
anche un ottimo
horror sequel
come 'Nightmare
4-Il non risveglio'
(1988), il
quale trasforma
in celluloide
un non originalissimo
soggetto (ad
opera dello
sconosciuto
Wayne Kramer,
nella cui
breve filmografia
figura anche
l’horror
inedito 'Blazeland'),
privilegiando
la spettacolarizzazione
delle morti
e le sequenze
ad alta tensione,
assemblate
con professionalità
e grande senso
dell’entertainment,
ma mai senza
cervello.
Memorabili,
a tal proposito,
sono, tra
le tante,
la situazione
dell’allagamento
e quella finale
subacquea.
Assistere
ad un film
come 'Nella
mente del
serial killer',
dalla soluzione
finale, tra
l’altro,
non facile
come potrebbe
sembrare,
è tranquillamente
paragonabile
ad un viaggio
all’interno
del tunnel
dell’orrore
di un luna
park, in quanto,
man mano che
si procede
con la visione,
giungono inaspettate
le violente
scene di omicidio,
talmente esagerate
e sanguinolente
che finiscono
per risultare
sì
impressionanti,
ma in fin
dei conti
divertenti:
un po’
la stessa
sensazione
che si prova
nel vedere
un qualsiasi
'Final destination'.
E ciò,
per un thriller
estivo da
vedere magari
in compagnia
di amici alla
ricerca del
divertente
brivido, è
tutt’altro
che un elemento
negativo.