Adam (Eric Jungmann)
e Harley (Justin Urich)
stanno attraversando
la campagna in automobile
per recarsi ad un
matrimonio, quando
un enorme monster
truck arrugginito,
il cui conducente
risulta ignoto, li
comincia ad inseguire
per tentare di spingerli
fuori strada. Con
questa premessa che
rimanda inevitabilmente
al bellissimo 'Jeepers
creepers-Il canto
del diavolo' (2001)
di Victor Salva, titolo
che in più
di un’occasione
viene citato nello
svolgersi della vicenda,
parte 'Monster man',
scritto e diretto
nel 2003 da quel Michael
Davis già responsabile,
tra l’altro,
del divertente '100
ragazze' (2000), che
solo ora raggiunge
le sale cinematografiche
italiane grazie alla
Sharada Film. E come
ormai 'Non aprite
quella porta' insegna,
la società
rurale americana,
da sempre insospettabile
covo e nascondiglio
del Male, oltre che
sinonimo
di emarginazione,
fa da
sfondo
alla
tragedia
dei
due
protagonisti,
ai quali
si aggiunge
anche
la bella
e misteriosa
autostoppista
Sarah
(Aimee
Brooks),
alle
prese
con
il mostruoso
padrone
dell’automezzo,
dopo
aver
scoperto
la mutilata
popolazione
locale
ed aver
appreso,
dal
notiziario
televisivo,
che
qualcuno
sta
attuando
dei
rituali
tranquillamente
definibili
come
satanici.
Il tutto
tra
inquietudine
e sequenze
di tensione
che
Davis dirige
sapientemente,
come pure
quelle sanguinolente,
supportato
dagli eccellenti
effetti speciali
di trucco
di Todd Masters
(Nightmare
5-Il mito),
capaci perfino
di strappare
qualche brivido.
Non rinuncia,
però,
ad una certa
dose d’ironia,
infarcendo
la pellicola
con momenti
talmente ilari
che quasi
dimentichiamo
che ciò
che stiamo
guardando
sia un film
dell’orrore,
alcuni dei
quali indirizzati
verso uno
stomachevole
ma divertente
trash, come
quello in
cui Harvey,
nel sonno,
scambia un
gatto dilaniato
per una vagina.
E la piccola
pecca del
lungometraggio
è riconoscibile
proprio nel
fatto che
i due generi
non riescono
mai ad incontrarsi,
apparendo
nettamente
distinti e
conferendo
la sensazione
di avere davanti
due film diversi:
uno di genere
horror ed
una commedia.
Ma proprio
alcune situazioni
grottesche
e decisamente
fuori di testa
ci lasciano
ricordare
il folle spirito
cinematografico
che caratterizzò
i lavori di
riscoperti
“maestri”
della celluloide
spazzatura,
come Edward
D. Wood jr
ed il papà
del gore Herschell
Gordon Lewis.
Quindi, 'Monster
man', affrontato
con la giusta
idea di assistere
ad una vicenda
horror tra
trash, sangue
e qualche
risata, risulta
tutt’altro
che disprezzabile,
e chi ama
i b-movies
e lo splatter
in generale
finirà
per innamorarsene.