È duro portare sullo
schermo la storia di un
vero serial killer, soprattutto
se si tratta di una vicenda
molto recente e se ne è
protagonista una delle rarissime
donne serial killer della
storia. Aileen Wuornos era
una poveraccia del Michigan,
nata male e cresciuta peggio,
che a meno di vent'anni
era già finita in
carcere, che uccise sei
uomini, lungo le autostrade
della Florida e che finì
giustiziata il 9 ottobre
del 2002. Non c'è
nulla di affascinante nella
sua storia, gli ambienti
in cui si muove sono squallidi
e diseredati; l'unica sua
autentica passione pare
quella per la giovane compagna
Tyria Moore, che la tradì
ma che Aileen tenne testardamente
fuori dai suoi omicidi durante
il processo, salvandola.
L'esordiente Patty
Jenkins, che ha
conosciuto la Wuornos, ricostruisce
la sua storia, dall'incontro
con Tyria e dal primo omicidio,
con compassione e con
uno
sguardo attento
alla piatta
banalità
delle location
e dei suoi
incontri.
Ma Monster
è tanto
cauto da risultare
schematico,
una specie
di Donne
al bivio
più
ruvido. E
soprattutto
quello che
non funziona,
nonostante
l'acclamato
(e prevedibile)
Oscar, è
l'interpretazione
di Charlize
Theron: esageratamente
e costantemente
sopra le righe,
l'attrice
tratteggia
una caricatura.
Il cinema
non è
la vita e
sullo schermo
ogni gesto
appare ingigantito
e irreale,e
la Theron
finisce
per restituirci l'immagine
di un mostro esagitato
quando, contraddittoriamente,
voleva farne emergere
l'umanità.