MONDOVINO
 

mondovino recensione

 
Il tema della globalizzazione è forse in questi anni il tema più dibattuto, controverso e acceso dell’intero pianeta. Hot issue, dicono gli inglesi. Globalizzazione è una parola sulla bocca di tutti: resta da chiedersi con che effettiva cognizione del problema. Il regista Jonathan Nossiter affronta la spinosa questione da una precisa prospettiva: la coltivazione, produzione e distribuzione del vino. Con una steadycam, la macchina da presa a mano, che permette riprese solo apparentemente amatoriali, il regista racconta con questo documentario il mondo del vino fra tradizione e innovazione, gioca con un montaggio che intreccia e confronta le molteplici storie, esperienze ed idee dei viticoltori, dalla Borgogna alla California, dalla Toscana al Brasile, dalla Sardegna all'Argentina, quasi realizzando un botta  
 
e risposta fra di loro. Quello che viene messo in luce è la diversità di approccio fra tradizionalisti e innovatori, o forse sarebbe da dire fra artisti e mercanti: una vera e propria “cortina di ferro” fra i portatori di una concezione quasi sacrale del profumato nettare, e chi, oltre alla qualità, non rinuncia alla quantità, all’aspetto economico, aprendo le porte ad un mercato più vasto, inevitabilmente perdendo quella quiddità del  
prodotto tipico, quel qualcosa di insostituibile e irripetibile che solo quella terra e non un’altra può dare, solo quella vite e non un’altra. La cosa sicuramente molto interessante è la rilevanza data al potere mediatico dei degustatori, di chi può, con un voto in più o in meno su un giornale che conta, far alzare o abbassare i prezzi in maniera vertiginosa, e portare una bottiglia da 35 a 110 Euro nel giro di un anno. Magari, suggerisce non troppo velatamente un enologo di Volterra, perché a comprare quel dato vigneto è stato Mondavi, la Microsoft del vino, giusto per dare un’idea. Con la differenza che l’efficienza di un computer la puoi testare, il gusto di un vino, seppur ci siano decine e decine di parametri, è pur sempre, in ultima analisi, soggettivo. Il documentario, indubbiamente troppo lungo, ha sicuramente un gran merito: la correttezza (cosa rara di questi tempi). Non c’è faziosità né strumentalizzazione: viene dato lo stesso spazio ad entrambe le posizioni, senza ironia né verso una parte né verso l’altra; non certo senza malizia però nel montaggio, che crea quasi un vis-à-vis fra due sfidanti. La mano dell’autore non si sente, o almeno non in via diegetica, all’interno del filmato: perché è chiaro che la scelta di trattare un tema del genere è già una implicita presa di posizione. Il regista analizza il particolare e lascia che all’universale ci arrivi col proprio giudizio lo spettatore. Sperando che, da troppo tempo ormai abituato alle cose non solo masticate ma anche digerite, abbia ancora un senso critico.

(di Margherita Pasquini)
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.