MIRACOLO A PALERMO
 

miracolo a palermo recensione

 
Per raccontare la Sicilia di oggi, la Palermo di oggi, Beppe Cino (che e nato a Caltanissetta), sceglie la scorciatoia della favola per adulti, riempiendola di feticci di icone dell'isola, da Tony Sperandeo a Luigi Maria Burruano a Maria Grazia Cucinotta. Un escamotage che serve all'autore per giocare con lo stereotipo nella speranza di ribaltarlo. Come spesso succede, però, al timido cinema italiano, il coraggio rimane a mezz'aria e le ambizioni si infrangono in una presunzione direttamente proporzionale al latitante talento. Non basta al gracile film rintanarsi nell'onirismo felliniano, nell'interpretazione poco sopra le righe (di Sperandeo, Burruano e del macchiettistico Vincent Schiavelli e troppo sotto le righe della Cucinotta, clone sbiadito di una qualsiasi sophialoren. Vogliamo dire: se favola  
 
grottesca doveva e voleva essere, meglio sareb e stato schiacciare il pedale dell'acceleratore sul versante dell'estremo, e paradosso della rielaborazione tragicomica di una situazione puntellata dalla cultura mafiosa. La sensazione insomma che se ne ricava, è di un involontario guanto involuto verso al cinema di Cipri & Maresco. (di Aldo Fittante - Film TV)
 
 
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