IL MIO NUOVO STRANO FIDANZATO
 

recensione

 
Il mio nuovo strano fidanzato, vincitore come miglior film al Monte-Carlo Film Festival 2004, analizza la scottante questione della convivenza fra palestinesi ed ebrei, indagata però all’interno del microcosmo familiare e filtrata dallo sguardo scherzoso e divertito dei due registi Teresa de Pelegrì e Dominic Harari. La giovane ebrea Leni Dalinsky torna a casa dei genitori, a Madrid, per presentare alla famiglia il nuovo fidanzato Rafi. Il futuro marito però è palestinese, e la coppia è intimorita (soprattutto Rafi) all’idea di rivelare la nazionalità dell’uomo ai Dalinsky. I primi a essere informati sono la madre, Gloria, e la sorella, Tania. Ma la questione dell’inusuale e difficile connubio è presto accantonata: Rafi fa cadere dalla finestra una zuppa surgelata che precipita in testa a un passante.... Il giovane pensa di aver uc-  
 
ciso il padre di Leni e vuole chiamare l’ambulanza e raccontare la verità, ma Leni, ignara del fatto che l’uomo possa essere suo padre, insiste per far prestare soccorso mantenendo l’anonimato. Mentre i due fidanzati litigano, arriva l’ambulanza ma il corpo dell’uomo è scomparso... Nel frattempo Gloria è preoccupata a causa del futuro genero, non tanto per le sue origini, quanto per le stranezze che manifesta. Rafi sve-  
la ai Dalinsky che teme di avere ucciso il capofamiglia. Leni, convinta invece che il padre sia infedele, lo dice alla madre. Inizia così una ricerca frenetica per Madrid, cercando di scoprire se Ernesto Dalinsky è vivo e vegeto e se la spassa in ufficio con la supposta amante o se è morto in seguito all’incidente... Durante la rocambolesca peregrinazione notturna, i contrasti tra Leni e Rafi, che dovrebbero rappresentare anche le divergenze di due civiltà, passano in secondo piano e quello che emerge è l’analisi delle dinamiche e dei rapporti fra i membri della famiglia Dalinsky: Tania si trova a fare il bilancio della propria vita e a esternare un bisogno di affetto sempre tenuto nascosto; Gloria esamina in modo cinico e disincantato il proprio matrimonio; le due sorelle discutono e si confessano le gelosie reciproche, ma anche l’amore che le lega. Nella prima parte si ride molto, grazie a dialoghi e a situazioni esilaranti, ma nella seconda la regia perde il controllo. Il film è incapace di mantenere la premessa iniziale, cioè di raccontare lo scontro fra due etnie, due religioni, due mondi nemici, sfruttando le sfumature leggere della commedia; abbandona la problematica iniziale per rifugiarsi nella comoda copertura di una facile comicità da barzelletta. Anche il lieto fine, assurdo e affrettato, giunge troppo precipitosamente a chiudere un film che si è ormai sfilacciato cadendo nei toni grevi ed esagitati della farsa.

(di Margherita Sanjust di Teulada)

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