“Millions”
poteva essere un racconto
lieve, innocuo e opportunamente
inacidito dalla mano
psichedelica di Danny
Boyle, l’autore
del cupo e apocalittico
“28 Giorni”.
Poteva essere una
piccola isola nella
tavola del mar di
celluloide. Poteva
essere una meteora
da accogliere e della
quale godersi la luce
effimera ma intensa.
Poteva. I treni (“Trainspotting”
n.d.r.) sfilano velocissimi
dalla finestra di
una casa di cartone.
Una borsa colma di
sterline (s’immagina
che di lì a
pochissimi giorni
l’Inghilterra
abdichi monetariamente
all’euro) casca
sulla testa di due
fratellini rimasti
orfani di madre (che
alla bisogna usano
il loro stato per
ottenere caramelle
e dolci) e iniziano
le avventure. Da una
parte il calcolo del
fratello maggiore,
prossimo maneggiatore
di capitali, per riuscire
a spendere e gestir
l’enorme somma
di
danaro
che
di li
a poco
diverrà
inutile,
dall’altra
il delirio
mistico
del
più
piccolo
che
aspira
a farsi
santo
senza
consapevolezza
volendo
aiutare
chiunque
e senza
criterio.
Il tutto
accompagnato
dalla
colonna
sonora
che
a tratti
pare
scippata
direttamente
da una
partitura
di Danny
Elfman
che,
a proposito,
con
Tim
Burton
avrebbero
saputo
fare
un capolavoro
o meglio
non
si sarebbero
mai
sognati
di fare
un film
del
genere.
In ultima
analisi, sfilando
nomi e gesta
di santi da
Francesco
d’Assisi
a San Pietro,
in questa
profana sede,
si avrà
cura di lodare
San Rocco
che stette
zitto per
vent’anni
per paura
di dir la
cosa sbagliata.
Cambiandogli
mansione,
lo si nomini
Santo Patrono
dei Registi
ammalati dal
morbo “film-per-famiglie”
che versa
inutile, subdolo
buonismo ai
quali si augura
pronta guarigione
e seconda
possibilità.
Questa volta.