MELINDA E MELINDA
 

- Recensione -

 
"Melinda e Melinda" è l’ultima opera firmata Woody Allen. Melinda è una giovane ragazza coi capelli arruffati e gli abiti sgualciti, ed una sera si presenta inaspettatamente in casa di un’amica, portandosi dietro tutto il proprio bagaglio di sofferenze e problemi personali. “Sembro una Venere di stracci”, esordisce così, di fronte al marito dell’amica e agli amici della coppia invitati a cena, più stupiti che disturbati da questo arrivo imprevisto. È appena scesa da un autobus, ha divorziato dal marito perché lei stessa è fuggita con un altro uomo, ha perso l’affidamento dei propri figli, ha tentato il suicidio. Melinda è una giovane ragazza dai capelli biondi a caschetto che una sera piomba d’un tratto nella vita della coppia che abita sopra il suo appartamento, ha ingerito ventotto pasticche di sonnifero e sta male. Ma la coppia, lei regista in  
 
cerca di successo lui attore disoccupato, si prende cura di lei e Melinda allora si rivela una ragazza dolce e piena di energia, appena uscita dal divorzio con un marito che la tradiva, pronta a ricominciare e a rifarsi una vita nuova. All’apparenza sembra di trovarci di fronte ad un paradosso tautologico, ad una contraddizione tra protagonisti dello stesso film. Ma non c’è da preoccuparsi, non c’è nulla di così complicato: è  
lo stesso Woody Allen che guida sin dall’inizio lo spettatore attraverso la storia del proprio film, mostrandoci dalle prime scene un tavolo a cui sono seduti due scrittori che dibattono, quasi aristotelicamente parlando, se possa avere più valore una tragedia o una commedia: ed è per questo che ognuno dei due “crea” la propria Melinda, in un gioco di finzione creativa che è alla base dell’ultima opera cinematografica di Allen, in uscita nella sale italiane dal 22 dicembre. Il film richiama alla memoria il gioco combinatorio di "Sliding doors" di Peter Howitt (1997): due storie che si svolgono negli stessi luoghi, stessi locali, stesse vie, incontri paralleli e simmetrie di vicende che si alternano, in un incastro di intrecci che ha come unico filo conduttore la protagonista femminile; solo che ora al posto di Gwyneth Paltrow troviamo Radha Mitchell, emergente attrice australiana che abbiamo già visto all’opera in "Phone booth", in linea con l’assassino, insieme a Colin Farrell. "Melinda e Melinda" ha lo stile inconfondibile di Woody Allen, dalle musiche agli scenari di sfondo, attraverso l’itinerario preferito della New York della middle class americana, tra appartamenti che si affacciano su viali alberati e giardini pubblici a misura d’uomo, dai bistrot di richiamo parigino alle atmosfere di cantine fiancheggiate da botti e da tavolini al buio con candele. La poiesi che anima i due scrittori delle prime scene, all’interno di un caffè tra tazze fumanti e bicchieri di vino rosso, li eleva a demiurghi della realtà, dando vita alla duplice storia di Melinda: la prima nevrotica, ansiosa, insicura, che confessa anche un omicidio premeditato, vittima delle sue azioni e del destino, protagonista tragico del proprio dramma esistenziale; l’altra gioiosa, solare, piena di vita, che risorge dalle proprie disgrazie e trova la forza per costruirsi una nuova esistenza, attraverso un susseguirsi di episodi comici e di avvenimenti a lieto fine, secondo lo stile classico della commedia. Ma non pensiamo ad un film troppo impegnato: la rinomata bravura di Allen sta appunto in questo, nel saper somministrare allo spettatore attento spunti di riflessione alternandoli con una trama gradevole che lascia spazio a molti sorrisi. E in questo lo aiuta anche la versatile interpretazione di Radha Mitchell, brava ad alternare i due registri poetici senza farlo pesare alla qualità recitativa. (di Michele Canalini)
 
 
   
 

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