Dopo un’introduzione
debitrice a Dario
Argento (taglio scenico,
sequenze ravvicinate
a sua volta acquisite
da Sergio Leone) si
passa alla rivelazione
del gruppo sacrificale
di amici - perché
sarà una carneficina
annunciata, resta
solo da scoprire come
- che decidendo di
campeggiare in una
radura finiscono nei
pressi di una cittadina
apparentemente abbandonata
e spersa nel verde
della campagna americana,
la cui irresistibile
attrazione è
un anomalo, polveroso
Museo delle Cere.
Qualcosa nell’aria
annuncia subito stranezze
e adombra cattivi
presagi. Ragazzate
e pomiciate si sciolgono
presto nella cera
liquida di una micidiale
trappola allestita
per gli incauti avventori.
Gli spaventosi gemelli
padroni della città
non perdonano. Sono
cattivissimi senza
remora alcuna: uccidono,
trucidano e il motivo
è seppellito
sotto la loro naturale,
implaca-
bile,
organizzata,
lucida,
conturbante
malvagità
che
li porta
a perseguire
il proprio
folle
intento.
Virate
squisitamente
horror
e intrattenimento
nello
stile
più
consono
a questo
genere
di pellicole:
dunque
il giusto
sobbalzo
dalla
sedia
e il
trattamento
riservato
solitamente
alle
platinate
partecipanti.
Alla
maliarda
barbie
Paris
Hilton,
in completino
rosso
Victoria’s
Secret,
è
impartita
la morte
più
sadica
e ironica
e alla
rossa
Elisha
Cuthbert
(24, La ragazza
della porta
accanto) assegnato
il ruolo di
combattente
fino all’ultima
mazza da baseball,
supportata
dal fratello.
Gemelli omogeneizzati
vs gemelli
indemoniati.
Non mancano
le note di
Marylin Manson,
cupi sotterranei
e agghiaccianti
luoghi di
tortura, citazioni
nella tradizione
horror più
classica (uno
dei gemelli
bastardi si
chiama Vincent
in onore del
protagonista
del film originale
“House
of Wax”
del 1953 con
Vincent Price,
i legami familiari
sono quelli
alla stregua
di “Non
aprite quella
porta”,
sugli schermi
del cinema
della cittadina
passa l’horror
dell’anima
“Che
fine ha fatto
Baby Jane?”
e molto molto
altro ancora)
il tutto mescolato
con guida
frenetica
e spericolata
del regista
che trova
la sua miglior
dimensione
in alcune
scene d’azione
e nell’allestimento
della città-simulacro,
nucleo palpitante
della pellicola.
Resta solo
una domanda
generata da
questi tempi
ipertecnologici:
com’è
che quando
serve un telefonino
per tirarsi
fuori dai
guai o non
lo si trova
o lo si dimentica
sempre?