un'inquietante
dimensione
globale. Alla
costruzione
soffocante
della tensione,
alla materializzazione
di quella
paranoia che,
dai tempi
della guerra
fredda, sembra
non aver mai
abbandonato
la scena politica
americana,
ma essere
anzi dilagata
nella vita
quotidiana,
ci pensa la
regia di Demme,
forse l'autore
americano
contemporaneo
più
sensibile
(anche quando
si dedica
alla commedia)
a questa paura
"fisica"
e generalizzata
che corrode
la vita, la
mente, i comportamenti.
Per istinto
un regista
del subconscio,
che concretizza
mostri dietro
la porta di
casa, Demme
lavora di
montaggio
alternato,
di sguardi
intrecciati,
di buchi che
vanno a poco
a poco colmandosi;
ma mai e poi
mai arriverà
a rassicurarci
sul nostro
futuro. Non
un film "elettorale",
nè
consolatorio,
e molto meno
fantasioso
di quanto
si poteva
supporre fosse
(ma non era)
l'originale,
con tre attori
magnifici
(Washington,
Schreiber,
Meryl Streep,
tanto grande
da non far
rimpiangere
la stupefacente
Angela Lansbury
della prima
versione)
e un'amarissima
consapevolezza
della realtà.
Come sempre,
cameo di Roger
Corman, nella
parte del
segretario
di Stato.
(di Emanuela
Martini -
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