Un bambino che canta
con voce cristallina
Moon River (e ogni
riferimento ad Audrey
Hepburn è dichiarato).
Lo stesso bambino,
ormai cresciuto, con
un
esplosivo seno chirurgico
e da bombardamento
di ormoni, tossicodipendente,
amareggiato e perduto
usa la macchina da
scrivere per ricomporre
la memoria di un passato
infelice e come arma
di ricatto. Un giovane
sfrontato e bugiardo
che ha bisogno di
due nomi (Angel e
Juan), e accarezza
la tentazione di un
terza identità,
travestita, quella
di Zagara, con una
parrucca bionda, una
sessualità
rapace e le pose di
una diva storica,
Sara Montiel. Un'icona
perversa e polimorfa,
fonte di autoerotismo
infantile e soprattutto
di ispirazione per
quella "falsa
vita" che scorre
dentro i fotogrammi
de La mala
educaciòn e
in moltissimi altri
film di Pedro
Almodovar
che
continua
a stupire,
ad emozionare,
a coinvolgere
con
un cinema,
stilisticamente,
sempre
più
essenziale,
composto,
classico,
densissimo
nella
geometria
rarefatta
e molto
precisa
della
messa
in scena.
La falsa
vita
almodovariana,
piena
di sorprese,
non
significa
una
vita
non
autentica,
non
è
il sembiante
di un'esistenza
in cui
emozioni
e dolori
non
siano
genuini,
in cui
le falle
del
destino
dei
personaggi
non
siano vere.
Significa
che Almodovar
parla con
se stesso
e con noi
attraverso
le immagini
e l'immaginario
del cinema.
Non è,
per questo,
l'autore -
conviene ribadirlo
- di una filmografia
cinefila o
metacinemtaografica.
Cosa che lo
congelerebbe
in una sensibilità
depauperata
e infeconda.
Il romanzo
d'iniziazione
e d'amore
di Ignacio
ed Enrique,
il collegio
religioso
e la pedofilia
(ridurre il
film ad una
tesina sull'abuso
sessuale è
come guardarne
alcune sequenze
e dimenticare
tutto il resto),
la "buona
educazione"
e la scoperta
del cinematografo,
l'omicidio
e il danno,
la Spagna
dell'altro
ieri e di
ieri, l'anima
nera di Angel/Juan
e la passione
pericolosa
dell'uomo
che volle
togliersi
la tonaca
senza riuscire
a spogliarsi
dei propri
desideri,
le ottime
performance
degli attori
che mentono
e "recitano"
dentro un
film che ne
incorpora
uno in lavorazione
e tanti altri
nella mente
di Almodóvar,
i cattivi
e quelli ancora
peggiori,
le canzoni
di una playlist
inferiore
e un'innocenza
che non è
mai stata
perduta perché
per i personaggi
non è
mai esistita,
l'archetipo
dell'homme
fatal che
scalza la
femme e si
maschera come
le creature
torbide, trepide
e folli, incatenate
tra le maledizioni
del noir e
l'infelicità
perfetta del
melodramma.(di
Enrico
Magrelli -
Film TV))