Il problema del turismo
delle adozioni è
qui affrontato in
modo superficiale
e gigione senza che
il chirugo inserisca
il bisturi nella ferita
per cavarne l’infezione.
Si mostrano le lunghe
ombre della prospettiva
di un’adozione
internazionale che
finisce con l’essere
appannaggio esclusivo
di chi ha danaro e
che nemmeno basta
se confrontato alle
scorciatoie privilegiate
della classe politica.
Si denuncia in modo
naive l’indotto,
la corruzione, lo
sfruttamento che costituiscono
il rovescio della
medaglia anche delle
intenzioni più
nobili che prosperano
attorno agli orfanotrofi.
Sia la nazione o il
sistema di leggi che
favoriscono più
o meno le adozioni
all’estero sia
i viaggiatori che
vorrebbero tornare
a casa col bambino/trofeo,
finiranno con l’imbattersi
contro un fenomeno
incontrollabile e
ingestibile. A cominciare
dalle disamina delle
proprie
intricate
motivazioni
che
spingono
a percorrere
una
strada
del
genere,
sino
ad arrivare
a una
vera
e propria
organizzazione
ai limiti
della
legalità
per
ottenere
documenti
e bambini.
Bando
a ogni
moralismo
o giudizio,
non
fa nessuna
differenza
l’esser
mossi
da intenti
altruistici
o da
profondo
egoismo
se alla
fine
l’averne
salvato
uno,
crea
l’illusione
per
le coscienze
di aver
fatto
qualcosa
per
migliorare
la vita
di una
possibile
vit-
tima
della povertà.
Si tace quindi
sull’interezza
del problema
che è
alla radice
e qui, non
si sradica
nulla. Siamo
in Cambogia
sotto piogge
torrenziali,
umana disperazione,
umane privazioni
e la piccola,
bellissima
Lola dopo
estenuanti
ricerche e
lunghissimi
disbrighi
burocratici,
emorragie
di denaro
dette altresì
donazioni
perché
i soldi si
utilizzano
ma non si
nominano,
il rifiuto
da parte di
due potenziali
genitori perché
non perfetta
– ha
delle macchie
sulla testolina
- , trova
un futuro
di amore e
dedizione
in due coniugi
francesi alla
mercè
dei proprio
fantasmi irrisolti
che sì,
saranno due
bravi e genitori
e crederanno
di aver fatto
la cosa giusta.