Avvertenza: per meglio
affrontare questo
film è bene
dimenticare subito
lo scempio del doppiaggio
che nel tentativo
di supportare il mix
frenetico e surreale
della pellicola finisce
per essere un vero
dispetto ai danni
dell’apparato
uditivo e della narrazione.
L’errore già
commesso (fuori i
nomi!) con Shaolin
Soccer dell’omonino
regista, ovvero quello
di associare le inesperte
voci dei calciatori
ai protagonisti, qui
viene ripetuto sì
dai bravi Marco Mazzocca
e Caterina Guzzanti
che doppiano in sincrono
ma declinando le voci
degli attori nei vari
dialetti italiani:
un orientale che parla
come don Vito Corleone,
tanto per fare un
esempio, è
imbarazzante. Visivamente
invece Kung Fusion
è una girandola
inarrestabile e indescrivibile:
si viene letteralmente
presi e frullati in
un mondo ipercitazionistico
dove cento folli vestiti
di
nero
con
accetta
e tuba
alla
Gangs
of New
York
rappresentano
una
Yakuza
naive,
dove
maestri
eccellenti
di Kung
Fu si
celano
sotto
inaspettate
spoglie,
dove
si narra
di manuali
improbabili
e leggende
altrettando
improbabili,
si allestiscono
fughe
su fondali
di cartapesta,
rincorse
alla
Bip
Bip
e rocamboleschi
combattimenti
all’ultima
mossa,
forze
centripete
e centrifuge
a profusione,
invenzioni,
scontri
co-
reografati
già
visti ma sudati
al punto giusto
e cento e
nuovi modi
per uccidere
(a occhio
Tarantino
non se lo
sarà
lasciato sfuggire
per farsi
ispirare)
e ancora romanticismi
manga e pura
voglia di
divertirsi.
Il tutto è
manipolato
con perversa
intelligenza
e indubbia
bravura dal
regista che
sa benissimo
dove vuole
arrivare e
tiene le redini
del racconto
apparentemente
confusionario
con notevole
capacità
di dominio.
Il giro sulle
montagne russe
della parodia
finisce con
un - letterale
- enorme colpo
di mano che
tuttavia non
spazza qualche
opportuna
perplessità
per la troppa
carne al fuoco,
ma in fondo
sentirsi ancora
spiazzati
dal cinema
è una
bella sensazione.