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Chi
Ching (Angelica
Lee), damigella
d’onore
in una cerimonia
nuziale, assiste
al resoconto
di un omicida:
in una delle
camere dell’albergo
in cui si sta
svolgendo la
festa di matrimonio
viene trovata
una ragazza
a cui è
stato asportato
un rene. Chi
Ching prima
identifica come
massimo colpevole
del delitto
Suen Ling (Karena
Lam), ragazza
economicamente
meno abbiente,
poi scopre che
questa porta
avanti, segretamente,
una relazione
con il suo fidanzato.
Ciò la
porta ad un
crollo psicofisico,
accentuato anche
dall’
anoressia, di
cui soffre da
tempo, ma l’unica
persona intenzionata
a starle accanto
in questo momento
difficile della
sua vita è
proprio Suen,
con la quale
instaura un
rapporto di
amicizia; senza
dimenticare,
comunque, che
in agguato c’è
sempre un assassino
che sta dando
la caccia ad
entrambe. Niente |
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Koma,
tradotto dal
cantonese, significa
“aiuto”.
Aiuto era il
grido che qualche
tempo fa si
leggeva su Internet
a proposito
di una leggenda
metropolitana
con ambientazione
Las Vegas. Dopo
una serata bollente
tra i piaceri
di una professionista
dell’intrattenimento,
un uomo si risveglia
in una vasca
da bagno ghiacciata
con un’incisione
profonda sulla
schiena. Nella
notte qualcuno
gli aveva asportato
un rene. Parte
da qui Lo Chi-Leung
per sviluppare
uno psico-thriller
che ruota attorno
alle personalita’
delle protagoniste,
Angelica Lee
e Karena Lam
coinvolte in
un oscuro traffico
d’organi.
La prima parte
del film, in
qualche momento
difficile da
comprendere
sino in fondo,
riesce nel suo
intento di incuriosirci
e creare la
giusta atmosfera
di tensione
ed inquietudine.
Angelica Lee
riesce bene |
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più
'The Ring' o
'The Grudge',
l’estate
cinematografica
italiana, tra
un infection
ed un Premonition,
sembra privilegiare
ben altro tipo
di horror orientale,
privo di astratti
fantasmi o bambine
dai lunghi capelli
neri lisci;
qui abbiamo
assassini che
estraggono gli
organi a belle
ragazze. Non
se ne poteva
più di
questa inondazione
di film sugli
spettri del
Sol Levante,
remake a stelle
e strisce compresi,
finalmente cominciamo
a venire a conoscenza
degli psicho-thriller
di matrice asiatica.
Koma è
un lungometraggio
coreano che
prende ispirazione
dalla leggenda
urbana della
ragazza che
si risveglia
nella vasca
da bagno senza
un rene, già
portata sullo
schermo, tra
l’altro,
nello slasher
americano 'Urban
legend-Final
cut' di John
Ottman. Si trasforma
poi in un film
drammatico incentrato
sul drastico
rapporto-tradimento
tra i tre protagonisti,
in cui non vi
sono accenni
all’horror,
il quale torna
nell’epilogo,
non privo di
strizzatine
d’occhio
ad opere come
'Shining' e
'Scream'. Apprezzabili
le prove delle
due attrici
protagoniste:
Angelica Lee,
già vista,
tra l’altro,
in 'The eye',
in cui vestiva
i panni di una
ragazza che
aveva non pochi
elementi in
comune con la
sua Ching ,
a partire dal
fatto che i
due personaggi
sono caratterizzati
da un’handicap
(qui l’anoressia,
nel film dei
fratelli Pang
la cecità),
e Karena Lam,
la quale, attraverso
l’interpretazione
dell’
adultera Ling,
si concede anche
momenti di malinconia
dovuti alla
natura (economicamente)
povera del suo
personaggio.
Ciò,
però,
non basta per
salvare un prodotto
che dovrebbe
generare tensione,
ma a cui manca
proprio quest’ultima,
penalizzato
soprattutto
da quella inutile
parte centrale
che non fa altro
che spezzare
il ritmo, rendendolo
noioso e soporifero.
Speriamo almeno
che i distributori
italiani prestino
maggiore attenzione
nei confronti
di prodotti
horror decisamente
superiori ad
opere come Koma,
ma ancora inediti
in Italia. Basta
citare titoli
come 'Bubba
ho-tep', 'Sleepway
camp' e i tre
'Basket case'.
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nel
mostrarsi una
donna malata,
ma protetta
superficialmente
dal benessere
economico ed
altrettanto
possiamo dire
della prestazione
di K. Lam nell’essere
una donna sola
e pronta a tutto
per difendere
i pochissimi
affetti che
ha. Cio’
che penalizza
la pellicola
e’ cio’
che dovrebbe
esaltarla, ovvero
i momenti apicali
del plot. Piu’
volte ci si
affida all’incontro/scontro
tra le due donne
per dare una
sterzata alla
storia. La velocita’
con cui il loro
rapporto cambia
ci suona inverosimile
ed i dialoghi
che ne conseguono
sono assolutamente
banali. Le rivelazioni
importanti che
ci guidano verso
la risoluzione
sono purtroppo
scontate e quando
non lo sono,
vengono precedute
da un dialogo
rivelatore che
svilisce il
thriller. La
tensione da
quel momento
in poi e’
solo questione
di sequenze
splatter, incisioni
e ferite sovraesposte.
Il finale stesso,
per quanto interessante
e cinico, suona
paradossale,
ed e’
trattato con
fare sbrigativo.
C’erano
diversi elementi
che potevano
rendere importante
questo thriller.
Koma, invece,
e’ l’esempio
di come ottime
sequenze da
sole non siano
sufficienti
a rendere completo
e credibile
un film.
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