Con immancabile, enorme
ritardo, esce da noi
un film che mette
i brividi. Verso la
metà degli
anni '90, il giovanissimo
giornalista Stephen
Glass, firma brillante
e coccolatissima del
"New Republic",
scrisse 41 articoli,
di cui 27 inventati
di sana pianta. Glass
costruì un
castello di carte
imbattibile (fonti,
nomi, siti web, segreterie
telefoniche), perlomeno
fino a quando il suo
editore, insospettito,
non smascherò
ogni cosa. Billy Ray
scrive e dirige con
suspense da thriller,
di fronte all'orrore
di una maschera da
intrattenimento (e
Glass era, appunto,
"entertaining")
che sviluppa via via
tratti di follia inquietante.
Un povero pazzo, Stephen
Glass, prima difeso
a spada tratta dai
colleglli, poi da
loro "eliminato".
E lo sguardo addirittura
umanistico del film
non arretra di fronte
alla pietà
e alla vergogna per
meccanismi di affabulazione
che sono norme basilari
della
nostra
società.
D'altronde,
il fatto
che
il "New
Republic"
sia
il giornale
dell'Air
Force
One
la dice
lunga.
L'inventore
di favole
sveste
il vivere
e ciò
che
lo procura,
il lavoro;
alla
fine,
non
resta
davvero
niente,
se non,
ancora
una
volta,
un immaginario
di spettatori/ascoltatori/lettori.
Un grande
film
sulla
messinscena
e sulla
qualità
del
potere,
con
enormi
e difficili
prove
attoriali
(magnifici
Sarsgaard
e Christensen).
(di Pier
Maria Bocchi
- Film TV)