tutti
di essere
in contatto
con il morto.
La casa di
produzione,
vedendo l’enorme
successo di
pubblico,
decide di
sfruttare
quello che
considera
un furbo espediente
di Buzzanca,
costringendo
quest’ultimo
a fingere
di comunicare
continuamente
col morto.
Il desiderio
di fare leva
sul sentimentalismo
del pubblico
per scopi
lucrosi finirà
per svuotare
il protagonista
di ogni energia
e lo porterà
alla rovina.
Il film si
appoggia sull’interpretazione
di due attori
perfetti per
i rispettivi
ruoli e Buzzanca
riesce a mostrare
il declino
fisico e mentale
di un uomo
megalomane,
narciso e
cinico, risucchiato
dalle proprie
ambizioni.
La critica
contro un
certo tipo
di televisione,
quella che
nutre il pubblico
di false lacrime,
di retorica,
di buoni sentimenti
ostentati,
è condotta
con mano leggera
e scanzonata,
senza riuscire
però
a coinvolgere
lo spettatore.
Il
secondo
episodio,
diretto dallo
spagnolo Ramòn
Alòs
Sanchez, è
"Il giorno
in cui non
successe niente".
Lo scontro
fra un misterioso
motociclista
e due bambini
in bicicletta
viene reinterpretato
continuamente
dalla voce
narrante di
Toni Servillo,
che racconta
una possibile
verità
dopo l’altra.
Il motociclista,
che muore
(forse) dopo
la caduta,
è,
o potrebbe
essere, niente
meno che Sir
Thomas Edward
Lawrence,
meglio noto
al mondo come
il leggendario
Lawrence d’Arabia,
in procinto
di recarsi
a spedire
un telegramma
a Churchill
in cui accetta
un incontro
con Hitler...
qualche anno
prima dello
scoppio della
guerra. Ma
forse il cadavere
ritrovato
non è
quello di
Sir Thomas
Lawrence.
Forse l’eroe
di milioni
di inglesi
non è
mai morto
in quel giorno,
in cui in
effetti, come
suggerisce
beffardamente
il titolo,
“non
successe niente”.
La spiegazione
finale data
dalla voce
fuori campo,
che appartiene
a un bambino,
involontario
testimone
(forse...)
del mistero,
è una
gustosa sorpresa
che resta
però
nel limbo
delle possibilità
Il film è
di gran lunga
il migliore
dei tre: la
magnifica
fotografia
mostra una
stupenda e
pacifica campagna
inglese, muta
testimone
di un fatto
sconcertante.
La vicenda
è raccontata
in maniera
accattivante:
scorrevole,
divertente,
velata di
un’ambiguità
maliziosa
che non permette
di arrivare
a una verità
univoca e
certa, giocando
sapientemente
con i continui
flash back
e la reiterazione
del medesimo
evento secondo
ottiche diverse
a seconda
di chi guarda.
Un vero gioiellino.
Il
terzo
episodio,
"Niente
di Grave",
del serbo
Miloje Popovic,
mostra un
uomo che si
ritrova gravemente
ferito sul
ciglio di
una strada.
Nessuno sembra
volerlo soccorrere
e mentre il
tempo passa
egli rivive
i fatti salienti
della propria
vita: dal
successo professionale,
all’adulterio,
all’incapacità
di essere
padre di un
figlio difficile.
Il film non
propone niente
di nuovo:
il regista
cerca di stemperare
l’abusato
cliché
del bilancio
esistenziale
in punto di
morte tramite
un montaggio
vorticoso
e frammentario
delle immagini,
senza seguire
un filo cronologico.
Ma ormai anche
questo modo
di raccontare
è un
cliché,
che se in
certe pellicole
di ben altro
spessore (basti
pensare a
21 grammi)
contribuisce
alla bellezza
formale e
alla riuscita
del racconto,
qui sembra
forzato e
superficiale.
(di
Margherita
Sanjust di
Teulada)