A volte, perdere tutto
è l’unico
modo per potersi salvare.
Per guadagnarsi una
possibilità
di ricominciare da
capo, lontano dalla
sofferenza del passato
e da un futuro senza
prospettive. Dimenticare
se stessi, il proprio
volto, i propri ricordi.
Annullare l’esistenza
stessa e ciò
che la rende tale.
Il nuovo film di Chris
Nahon, "L’Impero
Dei Lupi", tratto
dall’omonimo
libro di Jean-Christophe
Grange come già
"I Fiumi Di Porpora",
è un lavoro
dominato dalla tensione
e dalla solitudine,
una solitudine che
tocca a fondo i personaggi
coinvolti. Tutti i
protagonisti sono
soli per qualche ragione.
Per la perdita di
un familiare o di
una parte della propria
vita, poco importa:
quello che importa
è la loro evoluzione,
il loro viaggio solitario,
che resta tale anche
quando lavorano in
coppia, senza che
si venga mai a creare
né una comunanza
d'interessi, nè
un’empatia,
una
vicinanza
umana.
Ognuno,
all’interno
del
film,
compie
il proprio
percorso,
che
è
diverso
da quello
di tutti
gli
altri;
ognuno
cerca
un modo
per
poter
salvare
se stesso,
per
ricominciare
a vivere.
L’individualismo
è
la forza
che
fa girare
il film,
alimentato
dalla
disperazione
di chi
non
ha più
nulla.
Paul
(interpretato
dall’ottimo
Jocelyn
Quivrin,
capace
di reggere
la scena
al fianco
di un
“mostro
sacro”
come
Reno)
è un
giovane capitano
di polizia
che ha smesso
di vivere
il giorno
dell’assassinio
di sua madre;
Schiffer (che
ha il volto
e le fattezze
di un esotico
Jean Reno)
è un
ex poliziotto
corrotto dai
modi burberi,
mentre Anna
(Arly Jover)
è una
ricca donna
sposata che
non ricorda
parti del
suo passato.
Tutti loro
hanno come
uno spartiacque
che taglia
in due la
propria esistenza,
un momento
in cui hanno
perso una
parte di sé,
che li ha
segnati così
profondamente
da sconvolgergli
la vita, da
farli diventare
un’altra
persona. Aiutato
da un’ottima
fotografia
e da alcune
scelte di
regia molto
efficaci,
Nahon riesce
bene a trasmettere
sia l’ambientazione
fredda, ovattata
e sterile
di alcune
parti del
racconto,
così
come gli splendidi
panorami della
Cappadocia,
in cui il
cielo sembra
dominare ogni
cosa. Il risultato
è un
bel film,
non solo per
gli amanti
del genere,
capace di
mischiare
azione e indagine
psicologica
col giusto
equilibrio.