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I
vari -of the Dead
che si stanno ora srotolando
sugli schermi dimostrano
che non basta riesumare
un "topos" dell'horror
per garantire entusiasmo.
Tratto da un noto videogame
della Sega (di cui trionfa
il marchio durante la festa,
e del quale ci vengono offerti
con grande gusto alcuni
flash a puntellare il racconto),
il gore di Uwe Boll è
un incrocio tra i deliri
scientifici del dottor Moreau
e la furia birichina di
- appunto - un gioco interattivo.
Ma dell'uno non ha il divertimento,
dell'altro il portato filosofico-superomistico
(recuperare al più
presto il bellissimo Island
of Lost Souls, con un gigantesco
Charles Laughton), nemmeno
trash tipo i filippini di
Eddie Romero. Tre ragazze
e due ragazzi si devono
recare a un rave party su
un'isola. Perdono la barca
che li deve accompagnare.
Pagano più di mille
dollari per affittarne un
altra. Ma una |
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volta
sul luogo, ad attenderli
ci sono dei cadaveri ambulanti
e affamati. Come si fa a
far iniziare un film con
uno che sborsa una tale
cifra per non perdere un
rave? Va bene che lui è
un modello di biancheria
intima, e che quindi dovrebbe
guadagnare un sacco, ma
insomma. D'altro canto,
l'equazione moralistica
di tutta la storia è
evidente. Un po' di teste
spiaccicate, qualche foro,
proiettili al ralenti, dialoghi
dementi e interpreti bamboleggianti.
Andiamo bene.
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Pier
Maria Bocchi (Film
TV) |
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