HOSTAGE
 

recensione hostage

 
Hostage è un thriller psicologico tratto dal romanzo di Robert Crais e diretto da Florent Siri, qui al suo primo film in lingua inglese. Agente speciale in qualità di ‘negoziatore’ e specializzato nei casi di rapimento, Bruce Willis (Jeff Talley) fallisce una missione che si conclude con la morte di una giovane madre e del suo bambino. Deciso ad esiliarsi volontariamente in una piccola cittadina di provincia, vi assume il comando della polizia locale; ma fantasmi e traumi del passato tornano prepotentemente nella sua vita. Tre ragazzi con l’intenzione di rubare un auto entrano in una villa di lusso, di proprietà di un contabile corrotto, ma la situazione sfugge loro subito di mano. Fatalmente nella abitazione sono custodite preziose informazioni relative ad una banda di criminali i quali, pur di entrarne in possesso, rapiscono in parallelo agli eve-  
 
nti la famiglia di Talley, costringendolo a prendere il comando dell’operazione. Willis si troverà così a gestire contemporaneamente situazioni differenti e distinti gruppi di persone con le loro tensioni, facendo appello alle sue capacità di mediatore, reagendo con fredda umanità al repentino mutare delle circostanze. Il persistere di questo ‘reticolo di disperazione’ porta tutti i personaggi a doversi confrontare  
con le proprie paure, dalla cui trama vediamo evolvere continuamente il concetto stesso di ostaggio. È stata proprio l’abilità dimostrata dal regista francese nel miscelare una storia intrigata con uno stile visivo personale e di forte impatto nella sua precedente pellicola Nido di Vespe (2003) a impressionare Willis, persuadendo i produttori ad accettare non solo Florent Siri per la regia, ma ad assumere anche la sua equipe. La simultaneità della storia, l’intreccio continuo delle vicende private e la cura minuziosa nella definizione dei personaggi sono le note caratteristiche del film. Il tutto esaltato da una location straordinaria, rappresentata dalla casa di Smith, Kevin Pollak, una vera e propria trappola dove tutti i personaggi diventano ostaggi di qualcuno, tutti per motivi diversi. Lo stesso scenografo del film Larry Fulton, già collaboratore di Willis ne Il Sesto Senso, ha sottolineato come la ‘casa’ abbia facilitato il suo lavoro, aiutando inoltre gli attori a trovare una identificazione particolare con i personaggi. Ruolo sostanziale viene pure svolto dalla fotografia notturna di Giovanni Fiore Coltellacci che contribuisce ad accrescere la tensione e il mistero. Tutto questo fanno di Hostage un noir venato d’azione e di suspense genuine, dove il finale scontato non disturba affatto una buona visione.

(di Emanuele Pierozzi)
 
 
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