Il
gotico oscuro che
già si era
insinuato nella seconda
puntata cinematografica
delle avventure del
giovane mago dilaga
in Harry Potter
e il prigioniero di
Azkaban,
per il quale Chris
Columbus ha ceduto
la regia al messicano
Alfonso Cuarón
(famoso anche in America
dopo Y tu
mamà también).
Fin dalla seconda
scena, quando Harry
fugge dalla casa inospitale
dello zio, incombe
intorno a lui una
minaccia, il parco
giochi nel quale si
siede si anima nella
notte, qualcosa si
muove tra i cespugli,
un cane nero lo affronta
dal buio, persino
l'autobus magico a
tre piani che passa
a raccoglierlo per
portarlo alla Taverna
del Paiolo d'oro è
amichevolmente inquietante
e il quidditch non
si gioca in un cielo
luminoso ma sotto
una pioggia battente.
Meno familiari dei
fantasmi che popolano
Hogwarts, dei quadri
ani-
mati
e dormienti,
del cavaliere
senza
testa,
le creature
della
notte
circondano
Harry
cresciuto
e smagrito:
il cane
nero e
un lupo
mannaro,
i Dissennatori,
annunciati
dal gelo
e riprodotti
secondo
l'iconografia
medievale
della
Morte,
tutti
i personaggi
di una
sfida
antica,
materializzati
nel furore
silenzioso
di Sirius
Black
(il prigioniero
evaso
da Azkaban)
che grida
e si agita
nei manifesti
che lo
ricercano
e tappezzano
il paese
della
magia.
Probabilmente
il migliore
dei tre
film (i
cultotori
della
saga letteraria
sostengono che
questo sia anche
il migliore
dei cinque libri),
dove un latino
(Cuarón)
è riuscito
a cogliere non
solo il lato
oscuro delle
fiabe (orride
testoline parlanti,
libri di mostri
che graffiano
e mordono, alberi
che divorano
gli uccellini
che vi si posano),
ma anche tutto
quello che di
nero ed eccentrico
scorre sotto
il verde della
vecchia Inghilterra
e ne scompagina
l'ordine. Dickens
(quello più
cupo, delle
megere dalle
dita adunche,
dei mercanti
di bambini e
dei bassifondi
londinesi) si
fonde con le
magie surreali
di Lewis Carroll,
topolini che
corrono affannati,
quadri che si
ostinano a non
darvi il passo,
il tempo che
si lascia maneggiare,
ripercorrere,
ribaltare, come
in uno specchio.
Gli attori adulti
come sempre
si prestano
al gioco: i
consueti Michael
Gàmbon
(Silente), Robbie
Coltrane
(Hagrid), Alan
Rickman
(Piton) e le
new entry Gary
Oldman (Sirius
Black),
David Thewlis
(Lupin)
e Timothy
Spall (Peter
Minus) recitano
tutti come sui
palcoscenici
shakespeariani
. (di Emanuela
Martini
- Film
TV)