GAYA
 

gaya recensione

 
Il nuovo film d’animazione 3D di L.F. Krawinkel che uscirà nelle sale italiane dal 30 settembre ha alcune caratteristiche che lo rendono interessante. La prima è che è di produzione interamente europea, il che non guasta nel panorama attuale ingolfato dallo strapotere della produzione americana soprattutto nel campo dell’animazione; secondo che è di qualità notevole, particolarmente dal punto di vista grafico e la terza è che è adatto ad un pubblico di bambini che non è più un ovvietà nel mondo dell’animazione contemporanea. E’ la storia di un gruppo di gayani che vengono strappati dal loro mondo per essere catapultati nel mondo reale, dove uno scienziato malvagio – Icely - vuole impadronirsi del minerale essenziale alla vita di Gaya, per utilizzarlo nella costruzione di una macchina in gra-  
 
do di trasformare qualunque immagine scorra nei televisori in qualcosa di tangibile. Con i mostri televisivi Icely vuole distruggere il mondo, ma con l’aiuto dei cattivi snurk, Zino, Boo e Alanta appoggiati dallo sceneggiatore che li ha creati, il prezioso minerale tornerà a far splendere la meravigliosa terra di Gaya e il perfido Icely verrà punito e relegato in un mondo lontano. La storia non è innovativa, non ha trovate originalissime  
e l’intreccio narrativo non ha intricati sofismi ma si presta egregiamente ad essere fruito da un pubblico molto giovane. Si è forse data troppa importanza alla realizzazione dei personaggi dal punto di vista grafico (come spesso accade purtroppo), pagando qualcosa in termini di gustosità della storia che a tratti si ferma, ma riguadagnando effettivamente quasi tutto in accuratezza dei particolari degli ambienti e dei dettagli fisiologici. Una cosa che si può eccepire da un punto di vista grafico è che per essere diretto ad un pubblico di bambini il film si svolge per la maggior parte tra luci crepuscolari e colori scuri e freddi, piuttosto tetri. I volti sono curatissimi e curatissime sono pure le luci che risultano credibili, non si può dire altrettanto della plasticità dei movimenti, ancora rigidi e innaturali. Nessuno dei personaggi emerge decisamente rispetto all’altro, ma ciò non è necessariamente un male se si osservano le cose da un punto di vista diverso dal solito. Qui è il gruppo che conta e in questo la sceneggiatura ha colto il proprio obiettivo. Di grande fascino gli iperbolici movimenti di camera che lasciano piacevolmente esterrefatti. Notevole la sequenza iniziale nella quale il regista ci porta attraverso la terra dei gayani, con una skycam mozzafiato, tra picchi rocciosi e cieli immensi, salite e discese, improvvise accelerate e brusche frenate. Bella anche la scena della gara automobilistica (che ricorda neppure tanto vagamente quella di Grease) e notevole pure quella del mostro verso la fine del film. Il personaggio meglio riuscito è quella del cattivissimo professore Icely, che riesce con le sue espressioni iperrealistiche e diaboliche a guadagnarsi una certa dose di simpatia. Una citazione particolare merita la musica originale di Kamen – scomparso nel 2003 - anche se non c’è un brano portante di particolare incisività. La colonna sonora fa bene quello che deve fare e cioè dare colore e atmosfera. Buona la sincronizzazione con le immagini che in un paio di punti (ad esempio la scena del barile che rimbalza dopo uno schianto) tocca punte di virtuosismo tecnico.

(di Gianni De Mauro)

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