GAS
 

gas recensione

 
Al posto delle divise bianche con sospensorio dei Drughi, i disinfestatori di umani indossano tute di plastica da operai: sono un gruppo di giovani reietti di varia estrazione sociale e disadattamento familiare. Si ritrovano a spartire atti di feroce quanto inutile furia. Bersaglio, chiunque, sia un signorotto con la passione per il porno, sia un ragazzo omosessuale, sia qualcuno che li infastidisce. Che i tempi son cambiati lo si evince anche dalle bambole. Non ci sono più le borghesi barbie ma le eccessive bratz boccute e truccate e adoperate come arma contundente. Al di là del presumibile vuoto affettivo nelle vite dei protagonisti, si palesa un enorme disprezzo per se stessi raffinato in arma letale per i malcapitati che li incrociano. S’intreccia nella storia una presa di coscienza gay di uno dei personaggi  
 
principali che sfocia in un confronto con la madre che risponde addossandosene la “colpa” e con un pietoso tentativo di protezione aprendo una nuova forma di omertà e abbandonando, al conflitto il figlio che sceglie di diventare il carnefice di se stesso. “Gas” scritto e diretto da Luciano Melchionna, nasce originariamente come pezzo teatrale. Nella riduzione cinematografica la narrazione è serrata pur risentendo di ingenuità  
e qualche indugio di troppo nelle scene madri. La violenza che ne pervade ogni antro talvolta appare come puro esibizionismo fine a se stesso e col rischio quindi di assumersi solo in parte la responsabilità d’invitare a riflettere sull’intolleranza e sul dosaggio della forza nei confronti del gruppo contro il singolo. Tutto ciò che sin d’ora abbiamo maturato, si ridiscute nell’epilogo finale. La chiusura ribalta la prospettiva affrancando la pellicola dallo statico manierismo, dal già visto ma soprattutto dalla frettolosa etichetta di essere tout court l’Arancia Meccanica de noantri. Come le tessere del domino, cadono i pezzi e si ricompone il disegno fornendo un nuovo punto d’osservazione. Infine una domanda: perché mai Villaggio, vera punta horror della pellicola per come sgradevolmente parla, si ostina nel non voler andare dal dentista?

(di Daniela Losini)

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