prestigiosa
- e a volte
infamante
- etichetta
di uomo di
teatro, Chérau
fa di tutto
per non cadere
nel "teatro
filmato"
ma il risultato
però
è ben
peggiore:
cinema filmato".
La prima cosa
da notare
è l'estrema
duttilità
del regista
e la sua notevole
capacità
di rinnovarsi.
Si pensi ai
suoi ultimi
lavori "Son
frère"
del 2003,
e "La
Regina Margot"
del 1994:
il primo impregnato
di intimismo,
calore, tenerezza
ma anche di
grande realismo;
il secondo
rindondante,
movimentatissimo,
violento e
pieno di sesso.
Film diversissimi
tra loro,
film agli
antipodi di
questo "Gabrielle",
lavoro per
palati fini,
sicuramente
adatto a un
ristretto
gruppo di
cinefili estremamente
raffinati
e colti. Un'opera
non per tutti
ma che si
fa ammirare
per la messinscena
accuratissima,
elegante e
sontuosa (scenografia
e costumi
sono quanto
di meglio
si sia visto
negli ultimi
tempi), un
perfetto quadro
della società
degli inizi
del Novecento
che non può
non richiamare
Proust (e
che l'edizione
originale,
dove si parla
un colto francese
degli anni
20, esalta
ancora di
più)
e che costituisce
una vera gioia
per gli occhi.
"Gabrielle"
è tante
cose insieme.
E' un omaggio
alla letteratura
ma anche al
vecchio cinema
(bellissima
l'idea delle
didascalie
che sostituiscono
il parlato
nelle scene
più
drammatiche).
E' un lavoro
al servizio
degli attori
(Isabelle
Huppert in
particolare
è da
applauso a
scena aperta
e conferma
ancora una
volta il suo
essere una
delle più
grandi attrici
del cinema
internazionale).
E' una spietata
impietosa
denuncia,
alla Strindberg
e alla Bergman,
del matrimonio
borghese,
delle convenzioni
di un'epoca
e di una classe
sociale. E'
la descrizione,
minuziosa
e analitica,
di una presa
di coscienza,
del mondo
di lui che
crolla, di
quello di
lei che si
sveglia. E'
un film che
parla dell'oggi,
degli orrori
che possono
celarsi in
una coppia
apparentemente
perfetta,
con un lui
egoisticamente
soddisfatto
nel suo piccolo
mondo chiuso
e una lei
che finalmente
trova il coraggio
di parlare,
di essere
finalmente
se stessa
e di trovare,
se non la
felicità,
almeno la
libertà
e la consapevolezza.
Un film estremamente
anticonvenzionale
rispetto a
quanto siamo
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