LA FORESTA DEI PUGNALI VOLANTI
 

- recensione -

 
Per una bizzarra combinazione la Foresta dei Pugnali Volanti, esce a distanza di poco tempo da “Hero” pellicola sponsorizzata da Tarantino e grondante epicità, colore, emozione appartenente a ciò che in gergo viene definito wuxia (per neofiti: il genere cavalleresco/arti marziali tipicamente orientale) e che rimase dormiente nelle cantine per quasi due anni a causa d’imperscrutabili ragioni di distribuzione. Qui siamo verso la metà dell’800 d.c. e la dinastia al potere è in fase di decadimento. Alcune fazioni rivoltose tramano nell’ombra per rovesciare il dominio imperiale. Una bellissima danzatrice cieca è sospettata di essere un infiltrato della temibile Alleanza dei Pugnali Volanti. Scoperta e catturata, viene liberata al solo scopo di seguirla. Sulle sue tracce si metteranno due capitani appartenenti alle guardie imperiali e intenzionati a scoprire il na-  
 
scondiglio dei pericolosi ribelli. Il piano è di sorprenderli e sconfiggerli con l’aiuto dell’esercito. Complice il fascino della bellissima ragazza, l’impresa si rivelerà ardua. Il cuore è mutevole e traditore e tutto ascolta, tranne la ragion di stato. Coreografata e elaborata con maniacale perfezione visiva, la pellicola scivola verso l’inevitabile finale allestendo un caleidoscopico vortice di spettacolari evoluzioni,  
danze e bellezza. Si combatte volteggiando tra le canne di bambù con la leggerezza e la grazia delle foglie al vento e l’occhio ne gode appagato. Si lanciano pugnali e si scoccano frecce con traiettorie taglienti e fantasiose. S’incrociano le spade nei campi di fiori, teatri di combattimenti ritmati e scanditi dal clangore delle armi. Si consuma la tragedia attraversando le stagioni dell’amore e dell’ineluttabile passando dal colore rosso/giallo dell’autunno e della passione a quello gelido della morte: bianca, ghiacciata e avvolgente come la neve. Estetica poesia del puro effetto speciale messo a servizio del racconto popolare cinese? Voglia di tradurre in immagini ciò che fin d’ora non è stato possibile? Forse è per questo motivo che il superbo autore indimenticato di Non uno di meno, La storia di Qiu Ju e Lanterne rosse ci ha preso gusto. Tralasciando, ahinoi, la forza del contenuto a favore dell’inquadratura cromatica assoluta. E dunque, in questa generosa profusione di tinte, arti marziali volanti e suggestioni cavalleresche cosa latita e cosa andiamo cercando a ogni passo, a ogni scontro? L’emozione. Ma anch’essa è ballerina e volubile e incostante e solo a tratti la recuperiamo intatta e questo è il limite, imperdonabile, della perfezione.
(di Daniela Losini)
 
 
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