Se invece degli occhi
avessimo due telecamere
e se, una volta morti,
qualcuno sbobinasse
i nostri ricordi,
troveremmo chi per
lavoro fa il montatore,
l’ultimo a vivisezionare
la nostra vita. Il
microchip della Zoe
Tech è un congegno
impiantato nel cervello,
capace di registrare
tutte le immagini
della vita di un uomo
e che, dopo la morte
di quest’ultimo,
vengono rimossi e
montati in una cerimonia
commemorativa chiamata
rememory. Alan Hackman,
il miglior montatore
in questo business,
interpretato da Robin
Williams, oramai consolidato
nell’interpretazione
di ruoli drammatici
e conturbanti. Il
personaggio di Alan
Hackman è una
figura ossessionata
da una vicenda accaduta
durante l’infanzia,
che crede di cancellare
o sublimare, assolvendo
i delitti ed i peccati
di clienti corrotti.
Primo film del neoregista
venti-
seienne
Omar
Nair,
"The
Final
Cut"
viaggia
su onde
oniriche
di un
mondo
futuro,
probabile
ed un
po’
inquietante,
tra
personaggi
riluttanti
e ribelli
tatuati,
contrari
ad immortalare
le scene
di una
vita.
Quanto
è
importante
vivere
e quanto
è
importante
ricordare
ciò
che
abbiamo
vissuto?
Dopo
aver
ricevuto
plausi
per
la fervida
immaginazione
e l’ottima
resa
nella
sceneggiatura,
Omar
Nair,
benchè
alla
sua
prima
esperienza,
si è
permesso il
lusso di lavorare
con Tak Fujimoto,
uno dei più
stimati direttori
della fotografia
del momento
(Il silenzio
degli Innocenti,
Philadelphia,
The Manchurian
Candidate,
Signs, etc.)
e Dede Allen,
epico personaggio
della scena
hollywoodiana,
montatrice
di grandi
registi lungo
tutto il secolo
scorso (solo
per citarne
alcuni: Bonnie
& Clyde,
Serpico, America,
America, Dog
day Afternoon,
Wonder Boys).
Il film risulta
così
pulito, inquadrato
e dagli interni
Old High Tec.
Indubbiamente
è una
storia accattivante
che raggiunge
probabili
scene avveniristiche,
nelle quali
si spera che
i più
avversi e
gelosi della
propria intimità
abbiano ancora
il diritto
di vivere
e lasciare
che la memoria
giochi di
incerta, sconvolgente
fantasia.