LA FIERA DELLA VANITA'
 

recensione la fiera della vanità

 
Quel luccicante specchio per le allodole che è l’alta società a volte abbaglia fino ad accecare. Figlia d’arte, di un pittore e di una cantante d’opera, Rebecca (una Reese Witherspoon che conquista sin dalla prima inquadratura) cresce in un istituto dopo la morte dei genitori nella Londra di primo Ottocento. Uscita di lì, è decisa a tentare la scalata sociale con i mezzi che ha: l’intelligenza, l’arguzia, la bellezza ed un carattere tanto determinato quanto impermeabile a qualsiasi affronto ed offesa. Capace di mettere a tacere chiunque, Rebecca non si piega davanti all’arroganza dei ricchi, all’alterigia e lo sprezzo di chi vanta nobili natali o più semplicemente un cospicuo patrimonio, non si arrende alla pretesa di tenerla fuori da quel mondo aureo e sontuoso che alla fine non è nient’altro che un sepolcro imbiancato, in cui tutto è apparenza, in  
 
cui l’oro e lo sfarzo servono solo a nascondere l’odore di stantio. Ma il destino è mutevole e la fortuna capricciosa, e l’invidia delle donne, vere protagoniste del film, certo non aiuta. “Il prezzo da pagare è alto” : in questa frase, che passa di scena in scena e di bocca in bocca, sembra essere concentrato, al di là dei corpetti e delle splendide acconciature, il senso del film. Il prezzo è alto e non è solo la perdita del marito, di una  
casa, del figlio ma molto di più: la perdita di sentimenti genuini e spontanei e, forse, della stessa felicità. Rincorrere sempre ciò che non si possiede, nell’incapacità di sentirsi soddisfatti, perdere tutto quello che ci circonda nella ricerca spasmodica di quel qualcosa che forse una volta raggiunto avrà perso la sua attrattiva, arrivare a mentire all’uomo che si ama per sedersi accanto ad un principe: è davvero questa la felicità? Torna in mente l’Ecclesiaste: “ Vanitas vanitatum omnia vanitas” (versetto con cui non a caso di conclude il romanzo di William Makepeace Thackeray da cui è tratto il film). In questa fiera delle vanità che è la vita, si può scendere e si può salire: ma il nostro bagaglio con il nostro nome ce lo portiamo sempre dietro, ovunque si decida di andare. (di Margherita Pasquini)
 
 
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