Tre film. Tre autori
per far nascere Eros
composto di altrettante
elegie dell’amore,
dell’erotismo
e del desiderio che
squarciano, ognuna
con il suo stile peculiare,
il velo che ricopre
di apparenza la complessità
dei rapporti sentimentali,
reali o immaginari
che siano. Michelangelo
Antonioni (Il filo
pericoloso delle cose),
Steven Sodebergh (Equilibrio)
e Wong Kar Wai (La
Mano) rappresentano
culture, continenti
e linguaggi cinematografici
diversi ma, insieme,
compongono il puzzle,
aggiungendovi ognuno
la propria tessera,
unica e particolare,
mirando tutti e tre
all’essenza
delle cose amorose.
Se Antonioni realizza
un film ermetico,
fatalista e senza
molte concessioni
ai dialoghi, caratterizzato
da atmosfere plumbee
e lunghi silenzi sterili,
ecco che Sodebergh
punta sull’ironia,
su dialoghi veloci
e ritmati e
sulle
capacità
istrioniche
di Alan
Arkin
e Robert
Downey
Jr.
Il terzo
film,
diretto
da Kar-wai,
rappresenta
invece
la sintesi
di immagini
e dialoghi,
parole
e silenzi,
gemiti
ed emozioni
tattili.
I tre
registi
si fanno
interpreti
ognuno
di una
diversa
sfaccettatura
dell’amore,
a testimonianza
di come
non
ne esista
una
univoca
rappresentazione
o definizione:
da Antonioni
esso
è
negato,
da Sodebergh
dime-
nticato
e da Kar-wai
sognato. Ne
"Il filo
pericoloso
delle cose"
è la
sterilità
a farla da
padrona: sterilità
nei colori
trasmessi
dalla macchina
da presa;
sterilità
nella cristallizzazione
dei gesti
e delle parole,
precarietà
di emozioni
e di passioni;
sterilità
sia nei confronti
della propria
consorte,
in un matrimonio
ridotto ad
una scatola
vuota, sia
nei confronti
di un’amante
estemporanea;
sarà
l’unica
sensazione
a rimanere
nell’aria,
sovrastando
inevitabilmente
la fugace
passione erotica.
Nessuna via
di scampo
è offerta
ai protagonisti,
se non il
godere di
quegli attimi,
brevi istanti
di calore
in una vita
destinata
al gelo dei
sentimenti.
L’atmosfera
cambia decisamente
con il secondo
episodio,
"Equilibrio",
girato per
larga parte
in bianco
e nero, e
permeato da
una serpeggiante
ironia di
fondo. Qui
l’amore
svanisce nel
momento in
cui possediamo
l’oggetto
dei nostri
desideri,
senza però
smettere di
sognarlo cristallizzato
nell’immagine
che di esso
avevamo. Ultimo
episodio è
"La Mano",
poesia dell’amore
sognato e
agognato,
l’amore
che sopravvive
nella mente
di colui che
ama anche
quando l’amata
non è
più
come l’aveva
conosciuta.
L’idea
di fondo presente
in Eros è
che gli unici
amori possibili
siano quelli
idealizzati
e irraggiungibili,
che perdono
la loro magìa
quando diventano
concreti;
un dipinto
a tinte fosche
di quelle
storie costruite
giorno per
giorno nella
vita pratica
da persone
concrete,
pronte a gettare
tutto via
per inseguire
un sogno.
Come aeroplanini
di carta.
(di Antonio
Nasso)