E RIDENDO L'UCCISE
 

e ridendo l'uccise recensione

 
Un film di due ore abbondanti che ricostruisce con accuratezza e senza eccessivi orpelli retorici la scena di corte della Ferrara del '500, sotto il duca Alfonso d'Este. La trama è semplice, costruita sugli inganni orditi dai due fratelli minori, Giulio e Ferrante d'Este, contro il duca Alfonso e contro l'altro fratello ancora, Ippolito d'Este, designato futuro cardinale. Gli odi e le invidie di palazzo covano sotto il lusso e i divertimenti, tra festini ambientati in splendide sale arredate di eleganti drappi e panneggi, e cortigiane, cantastorie e buffoni che animano la scena dei potenti: la congiura contro Alfonso d'Este, scatenata da un desiderio di vendetta, resta un sottile pretesto narrativo per mostrare in realtà questo mondo rinascimentale nel suo periodo di massimo splendore, in mezzo a pittori e poeti (c'è anche l'Ariosto all'i-  
 
nizio della stesura dell'Orlando Furioso); alcune immagini del film hanno proprio i colori di certe tele di Tiziano o rievocano le raffigurazioni di gruppo dei dipinti del Veronese e del Bassano. Ma la sapienza del film sta soprattutto nella capacità di ricostruire anche quello che la luce della storia ha lasciato in ombra: scene di contadini messi alla forca perché accusati di aver ucciso alcuni fagiani, masse di vagabondi ed  
erranti che si aggirano per i boschi, raduni di popolani accorsi a vedere le esecuzioni pubbliche. Il filo conduttore della storia è tenuto appunto da un umile personaggio, un buffone di corte di nome Moschino, la cui reale esistenza storica non è comprovata ma trova senz'altro fondamento nei tanti riscontri fornitici dalle numerose testimonianze d'epoca. Attraverso le vicende di Moschino, dal suo punto di vista particolareggiato, possiamo seguire tutte le vicissitudini di questa irrequieta Ferrara di inizio cinquecento, tra le aspirazioni artistiche della famosa casata degli Este e le suggestive rappresentazioni che ricaviamo da questo gradevole affresco di corte che anticipa e sfiora certe inquietudini manieristiche che ravvivarono il successivo panorama artistico italiano ed europeo. Dopo vent'anni di silenzio, ritorna sugli schermi cinematografici Florestano Vancini, grande regista dell'epoca d'oro del film italiano, protagonista con alcuni film di grande valore quali "La lunga notte del '43" e "Il delitto Matteotti". E a distanza di anni ci ha omaggiato di un eccellente film di ricostruzione storica, frutto di un virtuoso esercizio stilistico degno di un maestro.
(di Michele Canalini)

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