ELEKTRA
 

elektra recensione

 
I moltissimi appassionati di Alias, uno dei telefilm più intriganti delle ultime 3 stagioni televisive, aspettavano di vedere Jennifer Garner in un ruolo da protagonista anche sul grande schermo. Nasce Elektra, fumetto targato Marvel comics, che si differenzia dagli altri supereroi per le sue capacità poco o per niente magiche. Elektra è dotata atleticamente e sfrutta al meglio la sua agilità nelle arti marziali. Come tutti gli eroi di arti orientali ha un mentore, il cieco Stick, interpretato dal bravo Terence Stamp, che la introduce al Kimagure arte divinatoria che le permette di leggere il futuro. In una storia incentrata sull’estremizzazione della lotta tra il Bene e il Male, Elektra compie un proprio percorso interiore che attraverso il rifiuto ostinato dei sentimenti la porterebbe al suo annientamento fisico e mentale; ma  
 
quando accade l’imprevedibile incontro con Mark ed Ebby Miller, padre e figlia in fuga da una potente organizzazione criminale, si troverà di fronte ad una scelta che potrà riscattarla o condannarla per sempre. Nel film si è giocato di compromesso tra il taglio più psicologico voluto dal regista Rob Bowman per Elektra alle necessità funambolico fumettistiche di Avi Arad (produttore e presidente Marvel) e soci. L'inizio  
scorre lento senza nessun effetto speciale di rilievo e tratteggia Elektra come un fredda macchina da combattimento, ma non riesce a rendere il suo tormento interiore se non nel momento della scelta decisiva. Gli appassionati del genere comic non restano però delusi. Da questo momento in avanti, aiutati da una azzeccata scelta di locations suggestive che vanno dai placidi boschi di Vancouver alla tormentata Tokyo, assistiamo a scene d’azione spettacolari, dirette ottimamente. Da segnalare soprattutto la rincorsa nel bosco da parte dei membri della Mano, ciascuno talentuoso in magia nera. Tra gli altri ci si ricorda soprattutto di Tatoo (Chris Ackerman), i cui poteri magici derivano dagli animali tatuati sul suo corpo e sono in grado di assumere forme reali ai suoi ordini, e di Typhoid (Natassia Malthe) una femme fatale al cui tocco qualsiasi cosa muore. Singolarmente ci convincono alcuni artifici, come lo scontro tra Elektra e Kirigi (capo della Mano, Will Yun Lee) nella casa di infanzia di Elektra, chiusa da anni, in cui le lenzuola che ricoprono la mobilia diventano elemento fondamentale, quasi vivo; molto spettacolare e denso di contrapposizione morale è anche l’arrivo provvidenziale dei ninja bianchi di Stick. Nella storia è fondante il rapporto tra Elektra e la giovane Ebby, ma né la Garner né Kirsten Prout scuotono la nostra tensione. Più convincente Goran Visnjic, nei panni del padre di Abby, ma il suo ruolo è marginale. La contrapposizione tra Bene e Male è comunque sempre messa a fuoco senza ambiguità, più attraverso l’ampio uso della simbologia (costumi, locations, oggetti) che tramite i tratti psicologici dei protagonisti. Complimenti alla Garner per le sue doti atletiche ed il coraggio da vendere, ma il fascino e l’inquietudine della Sidney di Alias, sono lontani. Questo vale anche per il film, che non convince fino in fondo.

(di Christian Cinetto)
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2004. Tutti i diritti sono riservati.