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Il
fatto è realmente
accaduto: uno studio hollywoodiano
compra una storica locomotiva
uruguayana del XIX secolo,
senza fare i conti con l'associazione
Amici delle Rotaie, composta
da vecchiacci irriducibili
diposti a tutto pur di non
far espatriare quello che
per loro è un simbolo
d'orgoglio nazionale. Per
impedirlo, dunque, tre di
loro decidono di rubarla,
scardinando il deposito
in cui viene conservata
e cominciando un viaggio,
romantico e rivoluzionario,
per le vecchie vie ferrate
del paese. Il loro motto
è: «II patrimonio
non si vende», il
loro scopo quello di sensibilizzare
l'opione pubblica. Come
è andata a finire
non ve lo sveliamo: la pellicola
merita un biglietto di andata
e ritorno per la sua simpatica
vena anarchica e, soprattutto,
per la presenza di tré
mostri sacri del cinema
e e del teatro sudamericano,
Hector |
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Alterio,
Federico Luppi Pepe-Soriano
(giustamente premiati a
Valladolid). La regia, forse
intimidita da cotanta presenza
attoriale, pur rifugiandosi
in suggestive evocazioni
western, è però
troppo ripiegata su ritmi
e stilemi televisivi. Rimane,
tuttavia, il merito di avere
riportato alla ribalta una
vicenda che, pur verificatasi
recentemente, non appartiene
al nostro secolo, al nostro
mondo, alla nostra fretta.
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