Profonda America,
profondo Sud, profondo
disagio. Una piazza,
un luogo dell’anima
e del mondo per raccontare
l’ossessione
tutta (americ)umana
per la sicurezza,
l’ordine, l’equilibrio
e dove l’estetica
e la filosofia del
potere altro non fanno
se non generare se
stessi all’infinito
a scapito della ragione,
delle buone intenzioni,
della pace il cui
raggiungimento pare
inesorabilmente disseminato
di bossoli d’odio,
paranoia, sospetto
e intolleranza. Un
gruppo di ragazzi
ai margini, soliti
indossare panni di
solitudine e incertezze,
si ritrovano creando
una sorta di setta
- i “dandies”
- che venera la pace
e ne innalza a solenne
custode l’oggetto
deflagrante morte
per eccellenza: un
revolver. Ne studiano
la psicologia, l’anatomia
e inventano un culto,
officiano riti, spendono
affetto e battezzano
col fuoco il cambiamento
che li fortifica
grazie
al puro
possesso
dell’arma,
coniano
un linguaggio
proprio
(amare
significa
uccidere
e se
vi par
strano,
suggerisce
niente
il paradossale
neologismo
“guerra
umanitaria”?)
e scrivono
la regola
delle
regole:
si può
possedere
una
pistola
ma mai
utilizzarla
contro
qualcuno.
Nel
gruppo
si inserirà
un vero
assassino
–
un nero
e la
scelta
non
è
un caso
vi dicono
niente
i vari
Rodney
King?
- e
qualcosa
cambia:
arriva
l’uccisore,
e ar-
riva
la realtà.
Pressioni
psicologiche
e individualità:
metti un’arma
in mano all’essere
più
mite del mondo
e osservane
la trasformazione.
L’assunto
ha valore
per chiunque:
il poliziotto,
l’indifeso,
il timido,
l’aggressivo.
Chiunque.
Thomas Vinterberg
e Lars Von
Trier, rispettivamente
regista e
sceneggiatore,
allestiscono
una micro
società
per raccontare
la loro macro
verità:
un sistema
dominato dalla
violenza è
un sistema
che condanna
a morte i
propri figli
e li sacrifica
al patibolo
della guerra
e dello sgomento
siano le guerre
planetarie,
siano le diatribe
tra vicini
di casa; sia
la paura della
notte sia
il timore
di un attentato.
Il registro
del racconto
è surreale,
talvolta grottesco
scelta che
aggiunge dolorosa
consapevolezza
alle lodevoli
intenzioni.
Si assiste
sdoppiati,
atterriti
coscienza
e cervello
in funzione.
Si esce con
la sensazione
di aver assaggiato
cenere e che
il sangue
sia ancora
la moneta
con la quale
insistiamo
a comprarci
la libertà.