Grande entusiasmo
della critica per
quest’ultimo
lavoro di Claude Chabrol
(settantaquattrenne
doc) presentato a
Venezia. “Di
rado premiato in quanto
commerciale, Chabrol
è in realtà
un benemerito contrabbandiere
del cinema-cinema
nel grigiore dei programmi
da festival. 'La damigella
d'onore' si assapora
senza mai guardare
l'orologio" (Corriere
della Sera). “Ispirato
a un romanzo di Ruth
Rendell, è
un film rigoroso e
impeccabile che, come
sempre accade nelle
opere di Chabrol,
va al di là
del genere e fin dalle
prime immagini ha
il sapore dell'evento”
(Il Messaggero). "Al
top d'intelligenza,
di classe e di gusto
simenoniano per i
dialoghi, i caratteri
e gli ambienti, 'La
demoiselle d'honneur'
è uno Chabrol
d'annata, uno di quei
che hanno qualcosa
da dire anche al di
fuori del circo autoreferenziale”
(Il Mattino).
Ritroviamo
ne “La
damigella
d’onore”
le note
caratteristiche
della
maggior
parte
delle
sue
opere:
struttura
gialla
che
non
si evidenzia
immediatamente
e dove
a contare
(più
della
domanda
'chi
ha ucciso
chi?')
è
la consueta
accurata
ambientazione
nella
amata-odiata
provincia
francese,
la scoperta
dell’anormalità
che
si ritrova
in ogni
essere
umano,
la ricerca
dei
vizi
e delle
perversioni
che
si celano
nella
media
borghesia,
il freddo
e asciutto
ritratto dello
sfaldamento
della famiglia
visto in varie
sfumature,
la denuncia
di una morale
piccola piccola
piena di squallori
e compromessi,
l’affresco
del deserto
dei sentimenti
che sempre
più
affligge il
nostro mondo
dove l‘unico
valore sembra
essere ormai
il danaro,
il dilagare
inarrestabile
del cinismo
e dell‘indifferenza...
E il tutto
molto abilmente
presentato,
per cui non
si ha l’impressione
che il regista
si lanci in
retoriche
invettive
o banali tirate
moraleggianti.
Chabrol non
calca mai
la mano, non
lancia messaggi,
ma lascia
che i personaggi
parlino per
lui: è
quindi importante
che questi
siano ben
delineati
e psicologicamente
coerenti nel
loro evolversi
nel corso
della storia
narrata. Coerenza
e analisi
che qui appaiono
meno approfonditi
del solito.
Al matrimonio
di una delle
sorelle, la
damigella
d'onore trafigge
il cuore di
Philippe.
Ma la ragazza
non ama come
tutti gli
altri. La
sua passione
avvilupperà
e consumerà
il giovane…
Nel rappresentare
questa storia
di amore cannibalesco,
di erotismo
e turbe psichiche,
il regista
questa volta
tarda più
del solito
(un po’
troppo) ad
arrivare al
nocciolo della
questione,
gira molto
intorno: lo
fa spesso
ma altre abbiamo
avuto il supporto
di mostri
di bravura
come Nathalie
Baye Isabelle
Huppert Sandrine
Bonnaire (il
che non è
tanto grave
se campeggiano
attori dal
carisma eccezionale
e che è
un piacere
seguire in
ogni occasione,
qualsiasi
cosa facciano).
Abbiamo qui,
invece, due
attori molto
giovani che
non sembrano
in grado di
reggere tutto
sulle loro
fragili spalle:
Benoît
Magimel non
riesce ad
esprimere
al meglio
l’evolversi
del suo personaggio
rendendone
così
non sempre
comprensibile
il comportamento;
Laura Smet
non ha lo
spessore della
dark-lady
folle e morbosa
esprimente
un amore assoluto
e prepotente,
un amore possessivo
e così
divorante
da far perdere
ogni certezza
a chi le sta
attorno.
Da sottolineare
poi che la
vicenda narrata
da Ruth Rendell
è meno
originale
del solito,
sa di già
visto e risaputo,
con l’aggravante
che il regista
sembra puntare
maggiormente
sull’erotismo
che sulla
tensione.