CRIMINAL
 

recensione criminal

 
Nell’accostarci alla pellicola d’esordio dell’americano Gregory Jacobs non possiamo farlo senza una valutazione aprioristica circa la furbizia del sapiente regista statunitense, che utilizza come biglietto da visita un cliché tipico del diabolico mercato Hollywoodiano ed inaugurato ormai parecchi lustri or sono: realizzare una versione “made in U.S.A” di un film di un altro paese. Espediente che talvolta paga, come nel caso de “I magnifici sette”, remake del 1998 di Geoff Murphy, ma più spesso è un’arma a doppio taglio che abortisce produzioni avventate e senza troppe pretese come “I soliti ignoti made in USA” di Louis Malle oppure i numerosi rifacimenti del “Quo Vadis?” di Guazzoni. Criminal, al contrario, può considerarsi una felice combinazione di principi fortunati e, senza alcuna volontà velatamente critica, un’astuta trovata del regista e  
 
dei produttori George Clooney e Steven Soderbergh, i quali, oltre ad imprimere un assicurato marchio di fabbrica, traggono sapientemente profitto dalla qualità dell’originale, “Nove regine” di Fabian Bielinsky, film argentino del 2000 per nulla ostile ad un remake, grazie al fatto che gli elementi dell’intreccio sono un perfetto epigono dei racconti di David Mamet, americano indi paterno garante. La sinossi breve  
ma assai articolata ha come fulcro nodale, da cui si dipanano percorsi imprevisti ed accidentati, una “stangata” che deve essere attuata nell’arco di ventiquattr’ore: la pellicola segue questo lasso temporale con una serie di scatole cinesi, spiazzanti (come recita il cartellone filmico) pur nella scioltezza dell’understatement che caratterizza la produzione. Due truffatori di diversa estrazione sociale, Richard (John C. Reilly), coriaceo e competente ed il suo provvisorio compare, il giovane messicano Rodrigo (Diego Luna), uno “scugnizzo” furbo e senza nulla da perdere, si trovano tra le mani la copia perfetta di un rarissimo Monroe Silver Certificate del 1878, documento storico ambito dai collezionisti di mezzo mondo. Su questa scia s’inaugura un turbinio d’invenzioni, con la convergenza sulla scena di numerosi pittoreschi personaggi (su tutti Valerie trasposta sullo schermo da Maggie Gyllenhaal e sorella dello stesso Richard e William, archetipo del miliardario senza scrupoli) per chiudere con un finale ironico ed imprevedibilmente enigmatico. Grazie ad un cast emergente, John C. Reilly per la prima volta protagonista e sopratutto la giovane promessa Diego Luna, protagonista tra gli altri di “Y tu mama tambien” e “Nicotina”, e per mezzo del tocco misurato ed inquadrato del regista, ne emerge un film magari non del tutto originale ma longe maestro di sottile ironia ed arguta intelligenza affabulatrice. (di Marco Visigalli )
 
 
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