CRIMEN PERFECTO
 

recensione crimen perfecto

 
Rafael è un playboy, un uomo che potrebbe avere tutto nella vita, è che in realtà nulla possiede, idolo dei clienti del suo “reparto donna” dei supermercati, a sua volta adorante nei confronti dell’idolo del successo, dell’eleganza e delle belle donne. L’ostacolo fra lui e la chiave per sbloccare le porte di quel mondo è nell’eterno rivale, Don Antonio, da anni direttore del “reparto uomo” degli stessi magazzini. E quando scoppierà un violento alterco in cui l’eterno rivale verrà accidentalmente ucciso, Rafael scoprirà a sue spese cosa vuol dire se, come unico testimone, ci si ritrova a fare i conti con l’unica megera che lavora nel tuo reparto: Lourdes. Lo spagnolo Alex de la Iglesia mescola in modo abbastanza accorto gli stilemi della commedia all’americana con quelli di una tradizionale commedia nera, creando un  
 
mix che sicuramente non stanca, e che offre anche punte di divertimento notevole. Al contempo il film si porge come vivido portatore di un messaggio etico/morale che va al di là di una prima lettura dell’immagine. Il mondo descritto da de la Iglesia è un mondo poco rassicurante, incerto. Ogni personaggio si rivela portatore di un cancro interno, di una frustrata ambizione o di istinti animaleschi sopiti e repressi.  
In pieno e maieutico contrasto si pone il luccicante ambiente, le sfavillanti scenografie prestate al film dal mondo del consumismo sfrenato, che viene idolatrato, assurto ad ambizione e termine ultimo di vite così senza speranza. La mordace critica sociale viene portata avanti in modo sotteso e gustoso, non influendo minimamente sulla messa in scena, anzi, gratificandola e accompagnandola all’unisono. Certo è che, al di là della buona interpretazione del cast (Monica Cervera su tutti), la coerenza globale del film e la tenuta della sceneggiatura si devono spesso rifare a convenzioni e facilitazioni che ne appannano un po’ lo smalto. Figure quali il fantasma di don Antonio poco hanno a che fare con lo svolgimento del tutto, e si riducono a presenze fini a sé stesse. Non si può dire d’altra parte che de la Iglesia non abbia confezionato un prodotto che, seppur con poche pretese, risulta a tratti spassoso e mai noioso. Anche se sui “modi” ci sarebbe abbastanza da dire.

(di Petro Salvatori)
 
 
  Scheda Recensione Locandina  
 

Copyright © Cinema4stelle.it 2003-2005. Tutti i diritti sono riservati.