COME INGUAIAMMO IL CINEMA ITALIANO
 
 

- Recensione -

 
Fu così che il mondo della critica si affiancò con umiltà al mondo del popolo degli spettatori per mano della coppia di registi più irriverente del cinema italiano. I due terribili ragazzi Ciprì e Maresco scelgono, per la ricostruzione della storia dell’incredibile e prolifico duo Franco e Ciccio, il taglio documentaristico inserendo materiale di repertorio, siparietti surreali e interventi di critici cinematografici volontariamente alla loro mercè. Ingrassia, calzolaio mancato, è ossessionato dal teatro e si butta anima e corpo negli spettacoli organizzati sui palchi locali accontentandosi degli applausi e Franchi fa lo stesso nelle piazze. S’incroceranno a una di queste feste e da lì inizierà il loro longevo sodalizio artistico seppure inframmezzato da varie separazioni, alcune particolarmente aspre. Calcano tutti i teatri della Sicilia, fino all'incontro con  
 
Domenico Modugno che ne intuisce la potenzialità e li mette sotto contratto per cinque anni. Un giogo che diverrà stretto e li porterà a spezzarlo per intraprendere la strada artistica da soli. Il tempo darà loro ragione e la coppia furoreggia nell’ambiente dell’avanspettacolo. Da quel momento le porte del cinema si spalancano, avviando la carriera che tutti ben conosciamo. La lavorazione del film  
durava mediamente quattro settimane e Franchi dichiara che in un anno addirittura ne realizzarono ben diciassette, a scapito della sceneggiatura che nei tempi più produttivi consisteva solo nella scritta “gag a raffica”. La loro professione attraversa anche le maglie cinematografiche di registi capaci come Lucio Fulci, Mariano Laurenti e sceneggiatori come Pazzaglia e Gaudì che cercano di governare lo straripante talento brillante della coppia. Sul grande schermo avviene anche l’incontro con Buster Keaton allora passato quasi inosservato e che oggi viene ripescato come storico. L’avvento del piccolo schermo non fa altro che veicolare ulteriormente le loro capacità, diventando in seguito l’archivio principale degli innumerevoli sketch che il duo ci ha lasciato, fornendoci un repertorio sterminato.
Nell’ambiente godevano di scarsa considerazione nonostante l’enorme successo popolare – ancora oggi sussiste quest’ignobile distinzione tra “alta” e “bassa” cultura – ma la fedeltà del loro pubblico finiva sempre per ripagarli. Questi racconti li ascoltiamo dalle voci stesse di Ciccio e Franco, con stralci di interviste, ricordi riportati alla luce da due delle incredibili e divertentissime sorelle di Franchi, dai figli di entrambi, dagli amici di sempre come Monicelli e Lino Banfi, che deve loro l’esordio. La maturità crea a Ciccio il desiderio di confrontarsi con il lato drammatico del suo talento di attore, desiderio che gli farà incontrare Fellini in "Amarcord"
 
   

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