CELLULAR
 

cellular recensione

 
Un telefonino come motore primo di una storia di per se stessa inflazionata all’ennesima potenza nelle recenti produzioni thriller/horror di mezzo mondo (da Scream a The Call, passando per Phone ed In linea con l’assassino); questo è il sottobosco di Cellular, terza firma del regista statunitense David R. Ellis che, dopo Final Destination 2, torna dietro la macchina da presa e lo fa secondo i dettami che caratterizzano la sua, fin qui breve, produzione registica. Del sequel di due stagioni or sono ritroviamo, in questo ultimo film, e la scelta di strutturare una trama, tutt’altro che cervellotica, via di mezzo tra l’alta tensione e l’umorismo nero, e l’uso di una inquadratura sciolta e guizzante, unico sentiero per conferire, perlomeno, un tocco di suspence, senza esagerare, ad una 35 mm scipita e tutt’altro che singolare. Fotografia  
 
pulita e lucida e montaggio scattante impreziosiscono ulteriormente una sceneggiatura povera d’intenti, mentre contumace è l’anima splatter che lo stesso Ellis ci gettò in viso con la sua pellicola precedente, lasciando, tuttavia, non pochi rimpianti ai nostalgici delle surreali atmosfere di Tobe Hooper. Disteso lungo ’94 minuti, il plot novella la storia di una tranquilla insegnate di liceo che, estemporaneamente,  
diviene vittima di un rapimento e pedina di un gioco decisamente pericoloso, avendo come uniche ancore a cui aggrapparsi un telefono, strumento salvifico ed inquisitorio al tempo stesso, ed un malcapitato e superficiale giovanotto (Chris Evans) il quale, altrettanto improvvisamente, si trasforma nel John McClane di turno. Produzione marcatamente blockbuster spesa tra battute ad effetto, sovente di bassa lega, ed inseguimenti al fulmicotone, senza dimenticare un pizzico di grossolana ironia, il film regala, in primis, l’immutata bellezza ed abilità drammatica di una Kim Basinger, un po’ troppo prematuramente ed ingenerosamente regalata agli scantinati hollywoodiani, che si rende protagonista di una parziale redenzione per una pellicola scontata ed, in alcuni passaggi, troppo contenutisticamente posticcia. Cagion per la quale c’è da scommettere su di un successo ai botteghini di ampio respiro; come trascorrere una serata senza prendersi troppo sul serio: il manifesto del cinema contemporaneo.

(di Marco Visigalli)

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