UNA CASA ALLA FINE DEL MONDO
 
 

- Recensione -

 
Nell’America degli anni sessanta Bobby, un ragazzo adolescente rimane senza famiglia e viene accolto nella casa del suo migliore amico, Jonathan diventandone un membro a tutti gli effetti benvoluto e amato. I due ragazzi scopriranno, in modo goffo e tenero, che il loro legame è qualcosa di più di una semplice amicizia ma la volontà di cambiare vita e città di uno dei due li separerà. Ventenni si ritroveranno nella Big Apple travolta dalla corrente degli edonisti, degli yuppies e della cultura post-punk. Una ragazza bizzarra dai capelli e dai vestiti variopinti, Clara, scombussolerà le loro esistenze, suggellando coi due amici un legame forte e indissolubile. Creeranno un surrogato di famiglia nella quale cercheranno riparo e potranno sentirsi amati e compresi. Ma le cose si complicano perché l'animo umano è  
 
volubile e la vita riserva mille sorprese, non sempre gradite. Tratto da un romanzo di Michael Cunningham (Pulitzer per “The Hours” da cui è stato tratto il bellissimo, omonimo lungometraggio) “Una casa alla fine del mondo” è una produzione indipendente (dietro c’è il portafoglio di Tom Hulce) e un dolce, lieve racconto cinematografico sulla capacità di amare, qui perfettamente incarnata dalla figura del  
interpretato da Colin Farrell che conferma le sue potenzialità. Il protagonista, nonostante abbia subito più lutti e sia ferito profondamente nella sfera affettiva, instaura legami profondi e restituisce affetto alle persone che incontra. È una sorta di catalizzatore naturale di amore e di conseguenza, agisce. L’amato amico di sempre, costretto a fare i conti col proprio egoismo, continua a sfuggire infliggendogli sofferenza. La figura della ragazza equilibra con la sua personalità complessa il sodalizio e completa, poi, con un figlio, il rapporto tra loro. Purtroppo risulterà essere la più debole ed è un vero peccato aver lasciato a lei la scelta più meschina, se vogliamo. Sarebbe stato un punto in più mantenerla all’interno del menage. Questo è un film sulle persone, sui loro limiti e sulle loro inclinazioni nell’affrontare l’esistenza. I gusti sessuali sono solo un’espressione in più della loro natura. L’essenza si esprime nella voglia di vivere e provare sentimenti. Per questo motivo vanno bandite etichette, pregiudizi, tabù, formalità. Se si è liberi nella mente lo si è anche nella vita e, soprattutto, nei rapporti con gli altri. Di qualunque genere siano. Per fortuna il cinema in quanto arte, è soggetto a chiavi di lettura universali, accessibili e diverse per tutti e non, come vorrebbero farci credere gli esperti di comunicazione e marketing, limitate a categorie o scene clou (in questo caso la tanto sbandierata nudità integrale del bravo Colin - tagliata nel montaggio definitivo - che in un’intervista si augurava gli spettatori andassero a godersi la pellicola di per sé e non per i centimetri di pelle esposta…) per questa stessa ragione ognuno esce dalla sala con la propria opinione e se va bene, con qualcosa in più su cui riflettere. La pellicola suggerisce, col merito di non scioccare perché voglio essere ottimista non ce n’è bisogno, la possibilità di fare i conti coi nostri legami: sono di plastica o sono veri? In definitiva il film ci è piaciuto e pure tu, caro Colin, non te la prendere se confidiamo nei contenuti dvd per vedere ciò che ora, non ci è stato concesso…
(di Daniela Losini)
 
 
   
 

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