difficilissima),
delle persone che ha incontrato e di
come le ha immaginate, della sua vita
vera e di come l'ha trasformata in un
racconto da fare ai bambini la notte
davanti al fuoco (o agli adulti, davanti
al tavolo imbandito di una festa). Guidati
dagli occhi disincantati e dal cuore
incrinato del figlio (che rifiuta di
essere come il padre e soprattutto di
essere solo una postilla nella sua storia),
andiamo e veniamo dai diversi piani
temporali e immaginari senza mai perderci,
immersi in un flusso di istantanea
chiarezza.
Pochi sanno raccontare così nel cinema
d'oggi; pochissimi sanno infonderci tanta
gioia e tanta tristezza. E quando alla fine
Albert Finney chiede al figlio di raccogliere
la sua eredità e di raccontargli com'è
che se ne va davvero, siamo noi che con le
lacrime agli occhi coloriamo di vita la più
bella uscita di scena che uomo possa desiderare:
giù al fiume, tra le braccia di amici
e affetti, scivolare via ancora una volta
nel proprio elemento, con la grazia della
libertà.