The Aviator narra
le vicende più
intense e quelle spettacolari
della vita di Howard
Hughes, uno degli
uomini più
singolari d’America,
visionario, solitario,
triste. Il film di
Martin Scorsese riesce
a sviscerare, presentandole
al pubblico, le più
intime note della
sua turbolenta e inquieta
personalità,
dagli affascinanti
e ingegnosi impeti
alla afflizione degli
sprazzi più
bui, i momenti del
sopravanzare della
sordità congenita
e del crollo psichico
dovuto a quello stato
mentale chiamato disordine
ossessivo-compulsivo,
condito e alimentato,
tanto per gradire,
da una paranoica fobia
per i germi, retaggio
di certi fattori del
suo rapporto con la
madre durante l’età
puberale. Fondatore
della Hughes Aircraft
Company, egli diviene
il maggiore azionista
della linea aerea
TWA, per la quale
dovrà successivamente
lottare fino alla
risolu-
zione
di una
causa
in Senato.
Contemporaneamente
è
tra
i protagonisti
del
glamour
divistico
durante
il periodo
della
Grande
Depressione,
fino
a tutti
gli
anni
40.
Magnate
dell’aeronautica
e del
cinema,
in entrambi
i campi
vive
da geniale
e appassionato
pioniere,
traendo
soddisfazione
massima
(un
piacere
molto
freudiano)
nel
suo
“hobby”
di pilota
proprio
di quegli
aerei
sperimentali
da egli
stesso
e
voluti, con
i quali infrange
ogni record
di velocità.
La vicenda
comincia quando
Hughes, intorno
ai 20 anni,
percepisce
l’eredità
paterna di
un milione
di dollari.
Immediatamente
sfida Hollywood
ergendosi
produttore
e regista
indipendente
del più
costoso kolossal
mai realizzato
all’epoca,
un film sulle
battaglie
aeree della
Prima Guerra
Mondiale,
'Angeli dell’Inferno',
immane sforzo
compiuto due
volte consecutive:
terminato
come film
muto, Hughes
si rende conto
di poter rientrare
della spesa
al botteghino
solo ripetendo
le riprese
con traccia
sonora. E
così
fu, tra mille
“buffi”
contrattuali
escogitati
per supportare
un folle finanziamento
di 3.8 milioni
di dollari!.
Leonardo Di
Caprio offre
una prestazione
eccellente,
perfettamente
in tono con
lo stile di
Scorsese e
con la sceneggiatura
che John Logan
(Il Gladiatore),
chiamato al
compito da
Michael Mann
(produttore
associato)
ha concepito
per lui. Originale,
brillante
e disinvolta
Cate Blanchett
in una Katharine
Hepburn tutta
personale,
efficace in
relazione
alla prova
di Di Caprio.
Al contrario
Kate Beckinsale
nella parte
di Ava Gardner
risulta inanimata
e aliena,
seppur confinata
ai suoi pochi
interventi
da fata turchina/vampira,
tono questo
che riconosciamo
in ogni modo
in linea sia
col vero carattere
di ferro della
Gardner, sia
con il tratto
evocativo,
che il copione
esige, di
essere figura
evocativa
della madre
dominante
di Hughes.
In questo
intimo lato
oscuro del
protagonista
sta quel limite
che il film
riesce davvero
poco a esplorare
ma solo a
presentare
in flashback
come causa,
disseminato
poi negli
squilibri
comportamentali.
Scorsese e
i suoi collaboratori
sono riusciti
a conferire
a quest’opera
una identità
del tutto
eccezionale,
un miracolo
dal gusto
squisito mai
riuscito così
bene dall’industria
di Hollywood:
lo stile visivo
che attraversa
The Aviator,
pur rimanendo
omogeneo e
attuale, riflette
quello che
il film sarebbe
stato se fosse
stato girato
di volta in
volta a fine
anni 20, a
metà
e fine anni
30, inizio,
metà
e fine anni
40, mutando
in progressione
la gamma dei
colori. L’intero
film è
sì
considerabile
come unico
effetto speciale:
a tal scopo
tutto è
stato curato
in digitale
dopo esser
stato girato
interamente
dal vivo,
gli aerei
sono modellini
in scala (finalmente)
e non virtuali.
All’interno
di questa
fattura, mentre
il film evolve
con continuità,
assistiamo
allo studio
del dettaglio
nella ricostruzione
operata dal
design degli
ambienti (lo
scenografo
Dante Ferretti)
e dei costumi
(Sandy Powell)
ma è
poi soprattutto
lo stile della
fotografia
che lega il
tutto ad essere
da urlo (Robert
Richardson)!
Addirittura
notate la
cura nel cambiamento,
delicato e
impercettibile,
della qualità
del suono
della musica
tra un decennio
e l’altro,
avrete i brividi
dietro il
collo. In
toto, un rispetto
(del cinema
del passato,
dei personaggi
e del loro
periodo storico)
e un affetto
sommi. Un
atto d’amore,
come spesso
capita col
cinema di
Martin Scorsese!