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Al
giorno d'oggi fare un film
di genere, seguendone passo
passo le convenzioni senza
tante intenzioni "alte",
mette addirittura dei dubbi
sul suo valore. Roba da
matti. Quando invece dovremmo
tenerceli ben stretti, i
prodotti di genere Autoreverse
è appunto questo,
un prodotto, e di genere.
Klapisch,
che non è mai stato
una cima e non è
mai stato -nè mai
sarà - un autore,
non vuole fare altro che
un polar E ci riesce bene,
perché ci si avvicina
con modestia. I suoi scopi
sono: raccontare una storia;
farlo nel migliore e più
"classico" dei
modi possibili, senza dunque
mire postmoderne; giostrare
con sicurezza uno stuolo
di attori con le facce giustissime.
Nelle vicende di questi
ladri, che stanno e lavorano
insieme nonostante incomprensioni
e difficoltà, si
alternano toni e suggestioni,
caratterizzazioni e tinte. |
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Autoreverse
parte come Sette
uomini d'oro e
finisce come Nido
di vespe (con tutti
i dovuti distinguo di entrambi
i casi). Non si sofferma
troppo sul romanticismo
della malavita, e si impenna
negli ultimi venti minuti
verso un pessimismo e una
crudeltà inaspettati.
Ed è qui che scarta
verso arie da noir americano
anni '40, per recuperare
un altro colore del nero.
Una gran bella sequenza
(alla tavola calda col figlio
di uno della banda), e un
sentimento generale di umiltà.
Basta e avanza.
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Pier
Maria Bocchi (Film
TV) |
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