suo
divorzio,
per sopravvivenza
lavorativa.
Oscilla continuamente
nel conflitto
lacerante
tra la patologia
della menzogna
e della verità.
Scende ogni
gradino della
sua insicurezza,
alimentata
da continui
fallimenti
privati e
professionali.
Crolla, indifeso
e solo, sprofondando
dentro a se
stesso tra
qualche stilla
di psicologia
spicciola,
sguardi di
commiserazione
e nessun aiuto
morale. Sean
Penn, bravo
e capace,
ci sta prendendo
troppo gusto
a interpretare
personaggi
ai margini,
perdenti o
perduti, e
risulta inevitabilmente
un po’
autocompiaciuto.
Quando si
lascia la
sala rimane
addosso un
mantello di
nichilismo
e ineluttabilità
e la voglia,
meschina,
di dimenticare
presto il
dramma di
questo sfortunato
uomo qualunque,
tritato nel
e dal sistema.
Sconfitto
al punto che
non riesce
nemmeno a
compiere il
gesto che
si è
prefisso di
fare. Si esce
con passo
pesante e
ancora una
volta consapevoli
che sotto
alle ceneri
delle tragedie,
bruciano i
carboni dell’indifferenza.
(di Daniela
Losini)