Spedizione scientifica
in una certa zona
del Borneo di giovani
ricercatori “rampanti”
è alla ricerca
di un bellissimo e
posticcio fiore gigante
che può prolungare
la giovinezza e la
vita, e divenire fonte
inesauribile di tanti
bei ‘dollaroni’.
Guidati lungo un fiume
e attraverso la giungla
da un ex marine (Johnny
Messner, efficiente
quanto discreto) troveranno
nelle anaconde giganti
che popolano quel
territorio la conferma
della loro teoria,
nonché di un
po’ di sana
ginnastica nel ritrovarsi
vittime di un elettrizzante
gioco al rimpiattino
fino alla ‘tana’
finale. Dalla Columbia
Tristar arriva un
godibile b-movie,
il migliore tra i
peggiori film della
stagione estiva statunitense,
un pop-corn movie
tutto epidermico fortunatamente
senza pretese, forse
ancor più sincero
del precedente 'Anaconda'
del ‘97. Il
cast è ben
diretto
in
modo
serrato,
gli
attori
partecipano
in modo
funzionale
come
in un
collettivo
gioco
d’avventura,
destando
nello
spettatore
elementari
simpatie
o antipatie.
Gli
effetti
speciali
non
sono
eccessivi
ma esclusivamente
finalizzati
a dare
presenza
e movimenti
alle
creature,
le quali
risultano
comunque
ben
inserite
per
le buone
inquadrature
d’insieme
(potevano
anche
farle
di cartapesta).
Montaggio
funzionale
e ano-
nimo
Dwight H.
Little dirige
tranquillo
con quel mestiere
acquisito
in diciotto
anni di telefilm,
come X-Files
e Millennium.
Solo il finale
contro le
anaconde “ammucchiate”
poteva risolversi,
forse, in
modo meno
asciutto e
televisivo.
Menzione speciale
per la simpatica
scimmietta
di bordo che
apre i giochi
fuggendo dal
primo mostro
di turno.
(di Marco
Raduini )