L'AMORE IN GIOCO
 

l'amore in gioco recensione

 
Ben Wrightman è un simpatico professore di liceo bravissimo con i bambini e la cui vita da scapolo procede in maniera piuttosto monotona. Un bel giorno, però, fa conoscenza con Lindsey Meeks, bellissima consulente aziendale, e tra i due c’è subito intesa. Ma tutto procede tranquillamente soltanto fino a poco prima dell’inizio del campionato di baseball; infatti Ben è un fan scatenato dei Red Soxx e non perde una partita della sua squadra preferita. Potrà questo mettere in crisi il loro rapporto? A 8 anni dall’inglese Febbre a 90° di David Evans, tratto da un’opera letteraria di Nick Hornby ed ambientato nel mondo del calcio, i terribili fratelli Farrelly ne realizzano un remake tutto americano cambiando sport, ma lasciando il tema della storia d’amore in conflitto con la passione sportiva. A prima vista, quindi, si potrebbe veloce-  
 
mente considerare "L’amore in gioco" come una delle solite commedie romantiche post-Harry ti presento Sally, ma la pellicola possiede in realtà una marcia in più rispetto a quel tipo di film, a partire dal fatto che dietro la macchina da presa vi siano gli acclamati responsabili di successi come "Tutti pazzi per Mary" e "Scemo e più scemo", famosi soprattutto per la loro notevole capacità di sfruttare intelligentemente il cattivo gusto. E  
la personale vena dissacratoria e demenziale si avverte questa volta solamente a tratti, concentrati maggiormente sull’aspetto sentimentale, come invece nelle loro opere passate si avvertiva una vena romantica all’interno dell’eccessiva demenza. Però, quella capacità di descrivere in maniera genialmente ironica un mondo abitato, tra l’altro, da persone malvagie che prendono di mira i disabili (e ciò lascia sempre emergere una certa morale sociale), anche se ora graffia meno, rimane il loro marchio di fabbrica, ed è riconoscibile nella selezione di alcuni personaggi (gli amici di Ben, ad esempio, o il padre di Lindsey, con i capelli visibilmente tinti di nero) ed in una serie di battute davvero esilaranti: citiamo il momento in cui un ragazzino chiede a Ben: “Tu ami i Red Soxx, ma loro ti hanno mai ricambiato?”, e Ben, imbarazzato e senza esitazione, risponde: “Ma chi sei Freud?”. Infine, cosa pretendere di più quando si hanno due ottimi attori protagonisti come il Jimmy Follon di "New York taxi" e Drew Barrymore ed uno script firmato dallo storico duo Lowell Ganz e Babaloo Mandel (loro le sceneggiature di "Splash-Una sirena a Manhattan", "Parenti, amici e tanti guai" e di gran parte della commedia americana dagli Anni Ottanta ad oggi)?


(di Mirko Lomuscio)

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