Nel cielo irrompe
il rosso di un pallone
aerostatico. Il piacere
della leggerezza dei
colori, orizzonte
terso rappezzato da
soffici nuvole e una
promessa di primavera
e felicità
si frantumano sulle
rive di una morte
improvvisa che versa
sangue nel verde di
un pomeriggio qualunque.
Dall’omonimo
romanzo di Ian McEwan
il regista di Nottingh
Hill mette in scena
le mille facce oscure
e brillanti dell’amore
e dei legami umani.
Un professore-scrittore
e la sua compagna
scultrice stanno brindando
al futuro quando la
caduta di una mongolfiera
li interrompe. Il
tentativo di salvezza
fallisce: si sfila
la corda che tiene
legato alla vita il
malcapitato e inizia
il calvario dei dubbi,
dei rimorsi per chi
è rimasto,
per chi ha visto.
Un giovane esaltato
s’aggrappa al
legame che questa
esperienza crea tra
gli spettatori impotenti
dell’avvenimento
trasforman-
dosi
in un’ossessione
per
il protagonista,
precipitando
l’uomo
in un
viaggio
inevitabile
e lacerante
nei
meandri
dell’unica
realtà:
il controllo
sulla
vita
è
vago,
inesistente.
La linea
tra
empatia
e follia
si confonde,
misurandosi
con
la propria
capacità
di generare
tragedia.
Forse
torna
la pace,
forse
è
solo
desiderio.
Una
pellicola
dal
sapore
nero,
tagliente
e coinvolgente
dove
amore
e morte
convivono
le-
gati dall’incapacità
a gestire
le rive pericolose
del delirio
che con così
estrema facilità
penetra nel
tessuto vitale
cambiando
per sempre
i connotati
di una vita
che pare prestabilita.
Un rimando,
sempre necessario,
la labilità
dei fili ai
quali le nostre
certezze quotidiane
sono appese.
Siamo avvertiti,
mai attenti.