L'AMORE FATALE
 

l'amore fatale recensione

 
Nel cielo irrompe il rosso di un pallone aerostatico. Il piacere della leggerezza dei colori, orizzonte terso rappezzato da soffici nuvole e una promessa di primavera e felicità si frantumano sulle rive di una morte improvvisa che versa sangue nel verde di un pomeriggio qualunque. Dall’omonimo romanzo di Ian McEwan il regista di Nottingh Hill mette in scena le mille facce oscure e brillanti dell’amore e dei legami umani. Un professore-scrittore e la sua compagna scultrice stanno brindando al futuro quando la caduta di una mongolfiera li interrompe. Il tentativo di salvezza fallisce: si sfila la corda che tiene legato alla vita il malcapitato e inizia il calvario dei dubbi, dei rimorsi per chi è rimasto, per chi ha visto. Un giovane esaltato s’aggrappa al legame che questa esperienza crea tra gli spettatori impotenti dell’avvenimento trasforman-  
 
dosi in un’ossessione per il protagonista, precipitando l’uomo in un viaggio inevitabile e lacerante nei meandri dell’unica realtà: il controllo sulla vita è vago, inesistente. La linea tra empatia e follia si confonde, misurandosi con la propria capacità di generare tragedia. Forse torna la pace, forse è solo desiderio. Una pellicola dal sapore nero, tagliente e coinvolgente dove amore e morte convivono le-  
gati dall’incapacità a gestire le rive pericolose del delirio che con così estrema facilità penetra nel tessuto vitale cambiando per sempre i connotati di una vita che pare prestabilita. Un rimando, sempre necessario, la labilità dei fili ai quali le nostre certezze quotidiane sono appese. Siamo avvertiti, mai attenti.

(di Daniela Losini)
 
 
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