Aria di remake a Hollywood,
e non soltanto per
quanto riguarda gli
horror giapponesi.
Ora si appresta a
tornare sullo schermo
'Quella sporca ultima
meta', lungometraggio
d’ambientazione
sportivo-carceraria
diretto nel 1974 da
Robert Aldrich ed
interpretato da un
giovane e roccioso
Burt Reynolds, nel
pieno del suo successo,
che ha ispirato film
come 'Fuga per la
vittoria' e che ha
trovato ispirazione
da 'Quella sporca
dozzina', sempre di
Aldrich. Il regista
di commedie demenziali
e non Peter Segal
('Una pallottola spuntata
33 e 1/3-L’insulto
finale', 'Tommy boy'),
a trent’anni
di distanza dall’originale,
ne realizza un remake
brillante, accentuando
maggiormente il lato
umoristico, pur senza
dimenticare i momenti
drammatici, che riprende
bene o male la stessa
trama. Paul Crewe
(Adam Sandler), scapestrato
e poco ri-
spettato
ex-giocatore
di football
che
ha la
fama
di essersi
venduto
una
partita
fondamentale,
dopo
aver
causato
un grave
incidente
resistendo
alla
forza
pubblica,
viene
condannato
a tre
anni
di galera,
da scontare
in una
prigione
dispersa
nel
deserto,
gestita
dal
direttore
Warden
Hanzen
(James
Cromwell),
il quale
lo costringe
a mettere
su una
squadra
di football
composta
da detenuti,
per
poter
poi
fronteggia-
re
un’altra
costituita
da guardie
carcerarie.
E ci riuscirà
con l’aiuto
del veterano
Nate Scarborough
(Burt Reynolds)
e del fidato
amico Chetiserve
(Chris Rock).
L’idea
di raccontare
il film di
Aldrich in
chiave ironica
non era affatto
male, ma la
solita espressione
ebete di Sadler,
ormai famoso
per un particolare
tipo di comicità
che davvero
non stimola
l’intelletto
umano, non
giova certo
al prodotto,
come pure
la petulante
parlantina
di Chris Rock,
che sembra
fare di tutto
per apparire
come l’erede
di Eddie Murphy;
e va’
bene che la
presenza di
Reynolds era
d’obbligo,
ma il suo
personaggio
meritava sicuramente
un maggiore
approfondimento.
Bisogna però
dire che,
al di là
di qualche
inutile idiozia
presente nella
sceneggiatura,
'L’altra
sporca ultima
meta', tra
i cui produttori,
tra l’altro,
troviamo lo
stesso Albert
S. Ruddy (vincitore
di due Oscar
grazie ai
film 'Il padrino'
e 'Million
dollar baby')
che produsse
l’originale,
non è
così
pessimo come
potrebbe sembrare,
e merita d’essere
visto soprattutto
per l’ottima
scelta dei
volti di contorno,
facce interessanti
e simpatiche
impegnate
a ricoprire
i ruoli di
energumeni
dal cuore
d’oro
e guardie
stereotipate
votate al
male estremo.
Troviamo quindi
nomi che hanno
contribuito
alla storia
del cinema
di genere:
un irriconoscibile
David Patrick
Kelly (Commando),
nel ruolo
di un viscido
galeotto doppiogiochista,
l’ex
detenuto Edward
Bunker (Le
iene), recentemente
scomparso,
il roccioso
Brian Bosworth
(Forza d’urto),
ex-giocatore
di football,
qui guardia
carceraria
cattiva e
provocatoria,
e, infine,
il simpatico
e muscoloso
Terry Crews
(White Chicks),
nei panni
di uno “spacciatore”
di hamburger
e Coca Cola
di McDonald,
attore che
va’
sicuramente
tenuto d’occhio
per la sua
verve comica.
E alla lunga
lista di presenze
maschili del
film si aggiungono
anche attrici
del calibro
di Cloris
Leachman (premio
Oscar per
L’ultimo
spettacolo)
e, non accreditata,
Courteney
Cox (il serial
Scream).