Una trama che potrebbe
essere uscita da un
libro di Sciascia,
indimenticato cantore
di quell’anima
torbida della sicilia
che fa del silenzio,
del rispetto e della
paura i suoi migliori
alleati. Ma quella
di padre Pino Puglisi
è una storia
vera. La storia di
un uomo pieno di entusiasmo,
di coraggio e di sogni,
che pagò con
la propria vita l’aver
sfidato quel mostro
mitologico che tormenta
la penisola italica
da decenni: la mafia.
'Alla Luce del Sole',
il nuovo film di Roberto
Faenza, rende finalmente
giustizia ad una di
quelle voci solitarie
che, nei primi anni
’90, si levarono
per urlare la situazione
di Palermo, stretta
tra la prepotenza
degli uomini d’onore
e la totale assenza
delle istituzioni.
Padre Puglisi morì
in un limpido giorno
di settembre, qualche
mese dopo le stragi
di Capaci e di via
D’Amelio, in
cui persero la vita
Giovanni Falcone e
Paolo Borsellino.
Era finito
qualcosa,
un sogno
forse:
la speranza
cessò
di esistere
e si
fece
mesto
ritorno
a quella
vita
fatta
di omertà
e di
paura.
Faenza
sceneggia
e dirige
un fiction
(nel
senso
più
aulico
del
termine)
che
riesce
a catturare
alla
perfezione
quell’humus
culturale
che
circonda
e che
fa crescere
e prosperare
gli
atteggiamenti
mafiosi.
Storie
di bambini
con
sguardi
adulti
e cattivi,
di giovani
corrieri
di droga
ed esplosivi;
nessuna
ri-
bellione
è possibile,
per quei pochi
che sono così
fragili da
non reggere
il gioco.
Capita però
che arrivi
un piccolo
parroco con
il sogno di
colorare il
mondo, per
offrire alla
gente quella
forza per
alzare la
testa verso
il riscatto.
E padre Puglisi
(interpretato
da Luca Zingaretti,
autore di
una prova
impeccabile
e asciutta)
aveva capito
che, come
sa benissimo
la mafia,
sono i giovani
a determinare,
con la loro
cultura e
la loro educazione,
quello che
sarà
il futuro,
non solo nel
quartiere
di Brancaccio,
ma in tutta
la sicilia;
è da
loro che si
deve ripartire,
se si vogliono
davvero cambiare
le cose. In
un paese dove
ancora oggi
non si può
parlare di
mafia e dove
in fondo nulla
è cambiato
negli utlimi
dieci anni,
se non in
peggio, non
bisognerebbe
mai dimenticarsi
di questi
esempi di
vita, perchè
la mafia è
tutt’altro
che sconfitta:
vive sana
e forte, coperta
dalla connivenza
del potere
statale, che
non ha mai
davvero voluto
cambiare la
situazione.
Le persone
speciali come
il parrino
di Brancaccio
sono del tutto
assenti oggi,
e ci fanno
sentire così
soli in un
mondo di impunità
e di connivenza;
motivo in
più
per conservare
stretta e
cara la loro
preziosa lezione,
frammento
anacronistico
di un momento
in cui forse
potevamo guardare
alle stelle
con un filo
di speranza
nel cuore.
Di film così
abbiamo bisogno
più
del pane.
(di Antonio
Nasso)