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acque
silenziose recensione
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Onore alla Mikado
che, dopo "La
Samaritana",
ci regala un altro
piccolo gioiello.
La giovane regista
Sabiha Sumar si è
interessata di politica
e regia fin dall'inizio
dei suoi studi. Ha
studiato regia e scienze
politiche al Sarah
Lawrence College a
New York dal 1980
al 1983, e poi relazioni
internazionali alla
University of Cambridge
(1984-85). Affermatasi
dapprima come regista
di documentari, nel
2003 ha realizzato
questo "Khamosh
Pani" che immediatamente
ha avuto un successo
straordinario ovunque
sia stato presentato.
Moltissimi i riconoscimenti:
il Pardo d'Oro per
il miglior film e
il Pardo di Bronzo
per la Migliore Attrice
al 56° Locarno
International Film
Festival; il premio
per la miglior Attrice
al Cape Town World
Cinema Festival; la
Silver Montgolfière;
la FIP Award e la
Public Award al Festival
des 3 Continents a
Nantes; il premio
per la miglior attrice,
la |
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miglior sceneggiatura
e il premio
speciale della
giuria all'
International
Film Festival
di Kerala
Kowdiar; il
premio per
il miglior
film nella
sessione Women
and Film al
Mar del Plata
International
Film Festival.
La storia
inizia nel
1979 ed è
ambientata
in Pakistan,
all'epoca
in cui il
Presidente
Generale Zia-ul-Haq
prese il potere
abbattendo
il governo
populista
di Ali Bhutto,
imponendo
la legge marziale,
centralizzando
il potere
e avviando
-contemporaneamente-
il processo
di islamizzazione
e una palese
politica filoamericana.
Sullo sfondo
i problemi
di un Paese
ancora giovane
alla ricerca
di una sua
fisionomia,
in primo piano
il dramma
di una donna
alla ricerca
della propria
identità.
Assistiamo
alla nascita
e al pericoloso
affer- |
marsi
del fondamentalismo
religioso
e contemporaneamente
alla tragedia
di una madre
che vive sulla
sua pelle
i guasti dell'intolleranza
e del pregiudizio.
I due aspetti
non contrastano,
si fondano
perfettamente
in un mirabile
equilibrio,
chiarendosi
e approfondendosi
vicendevolmente.
Un interessantissimo
affresco storico,
uno stupendo
ritratto di
donna reso
magistralmente
da Kiron Kher
(giustamente
premiata in
innumerevoli
festival).
E' la figura
intorno a
cui ruota
l'intero film
e che dà
significato
a quanto viene
raccontato,
è a
lei che va
la maggiore
attenzione
della regista
(che recentemente
ha dichiarato:
"...è
attraverso
di lei che
ho trovato
la maniera
e la voce
per esprimere
le mie più
profonde paure
sull'intolleranza
religiosa
e politica,
non solo in
Pakistan ma
in tutto il
mondo; basti
pensare a
"Impero
del Male"
teorizzato
da Reagan
o allo "Scontro
di Civiltà"
di Bush. In
Pakistan la
situazione
è decisamente
peggiore che
in altri paesi,
proprio in
virtù
del sostegno
amorale dato
a questi estremisti
dai cosiddetti
governi democratici
e liberi di
tutto il mondo").
Un film da
vedere per
meglio capire
quanto stia
succedendo
oggi nel mondo
e che ci guida
con maestria
, coinvolgendoci
al massimo,
nella visione
di una civiltà
tanto diversa
(eppure così
simile nel
comune sentire
delle persone).
Un film che
ha l'intelligenza
di offrire
poco al folklore,
pur servendosi
di una bellissima
fotografia
e di costumi
che spesso
sono una gioia
per gli occhi.
Un film che
fa riflettere,
che invita
alla discussione
e ci induce
a conoscere
meglio "gli
altri":
condizione
essenziale
per dialogare
e non combattere.
(di Leo
Pellegrini)
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