LE AVVENTURE ACQUATICHE DI STEVE ZISSOU
 

recensione

 
Inguainato e immerso in scenografie anni settanta, citazioni alla Giulio Verne e suggestioni surreali, Zissou-Murray, oceanografo mistificatore, organizza l’ultima spedizione col suo strampalato team salpando per l’ennesima volta sulla Belafonte, barca-quartier generale. L’obiettivo è la cattura di una specie rara: lo squalo giaguaro ingozzatosi di un membro dell’equipaggio. La traversata sarà impervia, ostacolata da pirati, antagonisti gay-glamour (Jeff Goldblum) in sciarpa e infradito rosa e innumerevoli avversità psicomarittime. Ma sotto l’assedio del nemico Zissou, per salvare bagnarola e burattini, trova la forza di trasformarsi in una specie di Vendicatore degli Oceani. C’è anche spazio per recuperare il rapporto con un presunto figlio e flirtare con la giornalista, salita a bordo per scrivergli l’epitaffio da vivo. Cercan tutti di stare a galla e nel finale,  
 
in sottovuoto dentro un sottomarino giallo, ecco la chimera che appare e fa calare il sipario. Dalla fantasia ricca e prolifica di Wes Anderson, la copia acquatico-divulgativa de “I Tenenbaum” senza la tenuta salda, la coesione e la forza grottesca della pellicola citata. Se la prima parte arranca la seconda è ondivaga. Decisamente troppo pesce al fuoco e la sensazione crescente che sia sfuggito il bandolo della matassa per  
troppo amore e, guai, a quell’artista che rimane invaghito solo di se stesso e del suo mondo fantasioso. Pur giocando nella terra dell’assurdo lo sbadiglio, rivelatore e rilevatore, è dietro le labbra. Salvataggio d’emergenza per la fascinosa e incrollabile Anjelica Huston, per il pancione della Blanchett e per l’ispettore delle finanze, Bud Court (l’Harold di “Harold & Maud”). Per il resto, ho come la sensazione d’esser andata a pesca di ostriche e di aver trovato, invece, un granchio nella rete.

(di Daniela Losini)
 
 
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