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Tre
soldati italiani volontari
in Kosovo: l'attualità
si insinua in questo debutto
fragile e gracchiante, come
la radio accesa sotto le
tende dell'apparente riposo
o per le strade disperate
di una terra ancora violentata
dalla storia. Regista, sceneggiatori
(c'è persino una
supervisione firmata Marco
Bellocchio) e attori ce
la mettono tutta per portare
a termine la missione. Ma
di fronte allo strapotere
delle immagini televisive,
un film che si ciba di urgenze
dovrebbe avere il fegato
di andare in temtori altri
e sconosciuti. La buona
volontà non basta:
Pietro Taricone, per esempio,
ha l'istinto giusto per
non sfigurare e la sua nuova
compagna di vita Kasia Smutniak
è addolorata quanto
basta per essere credibile
nello spinoso ruolo di una
donna che ha perso quasi
tutte le speranze del mondo.
Più acerbo il figlio
d'arte Piergiorgio Bellocchio,
forse |
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perché
più concentrato sull'altra
sponda, quella di produttore
di una pellicola onesta
ma sostanzialmente e involontariamente
inutile. Che non aggiunge
nulla a ciò che quotidianamente
vediamo, guardiamo, leggiamo,
ascoltiamo sui media. Le
nobili intenzioni non servono
se, nella trincea della
rielaborazione artistica,
non si cerca almeno di spiegare
- con uno sguardo davvero
originale - i moventi della
follia degli uomini.
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