ZERO IN CONDOTTA  
  Scopo di questa rubrica è analizzare i grandi CAPOLAVORI del '900 e quindi di IERI. Contestualizzarli ad OGGI per capire se la prova del TEMPO li ha resi ETERNI o superati. Verranno presi in esame solo opere che all'epoca venivano considerati CAPOLAVORI per capire, analizzando il contenuto e la forma, gli aspetti che li hanno resi tali da essere, circoscritti al loro TEMPO per ovvi motivi sociali o, ETERNI anche OGGI e DOMANI.  
 

Una delle prime pellicole ad affrontare il difficile tema dell'educazione scolastica, Zero in condotta è opera a firma di Jean Vigo, per una produzione francese degli anni trenta. La storia è quella di un collegio di provincia dove un gruppo di giovanissimi allievi si scontra nella sua esuberanza con i metodi ferrei e la disciplina intransigente dei professori

 
  e del direttore della scuola, dando vita a un genere già famoso in lette- ratura e poi sempre più ripreso dalla successiva produzione filmica. In questo caso, però, manca qualsiasi approfondimento di tipo psicologico della dialettica allievi-insegnanti e la pellicola si sofferma più che altro su scene collettive dal forte impatto visivo, alcune delle quali di indimenticabile levatura artistica: il sorgere spontaneo di un moto di protesta al refettorio che si trasforma in una caotica "fagiolata" con piatti e pietanze che volano tra una tavolata e l'altra, oppure una "cuscinata" tra ragazzi con svolazzamento di piume che sommergono il povero insegnante censore, coinvolto suo malgrado in mezzo a quella baruffa. E forse è la dinamica collettiva a presentarsi come l'elemento più importante di questo film: non c'è un protagonista vero e proprio e anche i singoli insegnanti si riducono a macchiette quasi caricaturali, forse anche poco credibili come portatori di un valido messaggio  
 
educativo. Lo stesso Vigo ha dato un taglio fortemente semantico alla sua opera, evidenziando una coloritura di tipo surrealista che trova il suo più significativo rappresentante nella figura del nuovo istitutore del collegio, una sorta di insegnante stralunato che durante un'uscita in città si dimentica della comitiva dei ragazzi che stava accompagnando e si perde invece in un bizzarro inseguimento di una donna incontrata per strada. Il momento culminante del film, tuttavia, è il finale,  
 
  quando gli allievi mettono in atto l'ennesimo tentativo di insubordinazione nel giorno della festa dello stesso collegio: i ragazzi salgono sul tetto, issano come pirati una bandiera con teschio e ossa e incominciano a dar vita a un lancio di oggetti contro il direttore, gli insegnanti e le autorità che erano state invitate per l'occasione, i quali a loro volta sono costretti a una vergognosa ritirata dentro i locali dell'edificio per potersi riparare. È il trionfo della creatività e della ribellione giovanile. Ma anche per questo il film fu duramente criticato e stroncato all'epoca della sua uscita, suscitando anche un certo scandalo all'interno della classe borghese e della società francese, tanto da subire un riadattamento ad opera della censura. Tuttavia resta innegabile il valore artistico di questo mediometraggio (la durata è di poco superiore ai 45 minuti), ben diretto e con il ricordo di suggestive immagini a metà tra le rievocazione nostalgica di un passato lontano, un mondo di IERI in bianco e nero che non c'è più, e certe sfumature dal sapore vagamente poetico che riportano all'OGGI della nostra scuola e ci fanno pensare al DOMANI della futura generazione dei giovani e anche della nostra società, più in generale.

(di Michele Canalini )

- Riepilogo
 

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